venerdì 7 dicembre 2012

E' ironico.
Quando rifuggi dal mondo, cerca di entrarti dentro a tutti i costi.
Quando invece esci fuori a cercarlo, lui non si fa mai trovare.



[Ancora, costante, "mi manchi"].

venerdì 2 novembre 2012

Ho bisogno di qualcuno su cui posare la mia mente, ma per adesso non c'è. C'è solo un vuoto. Io sono vuota.

Molti mi annusano, ed il mio odore magari gli piace pure. Mi sfiorano, mi dicono che ho la pelle morbida, mi guardano, mi sorridono, però alla fine vanno via e nessuno riesce mai ad afferrarmi per il polso e farmi restare. O probabilmente, nessuno vuole farlo per davvero. Ed io rimango lì, immobile, come una bambola di porcellana in una vetrina, in esposizione. Ammirata dai passanti, che però non hanno mai abbastanza denaro per comprarmi. La verità è che loro per me quel denaro semplicemente non vogliono spenderlo. Perché in fondo, sono solo una superflua, triste bambola di porcellana vestita di pizzo nero.

giovedì 4 ottobre 2012

Pensieri random (dopo mesi di silenzio):

1) Vi è mai capitato di sognare così forte ad occhi aperti, che ad un certo punto avete la netta impressione che la gente che vi sta attorno, passanti, studenti in un autobus, badanti che tornano a casa nelle periferie dopo il lavoro, riescano a vedere quello che immaginate?

2) Mai come ora ho bisogno del mio metro quadro, della mia mattonella 1x1 che delimita il mio spazio personale, quello in cui nessuno dovrebbe essere autorizzato ad entrare, e mai come ora mi sento invasa contro la mia volontà, o mi forzo ad uscire fuori quando tutto quello che vorrei sarebbe solo stare dentro, al buio, in silenzio, a pensare. E non che io sia triste, è che semplicemente non voglio confusione nella mia vita adesso, ho bisogno di stare sola con me stessa, ma nessuno sembra ascoltare la mia richiesta silenziosa e così le persone continuano ad invadere la mia area, che dovrebbe essere solo e soltanto mia. E io glielo sto permettendo.

3) L'idea che mi sia tornata l'esigenza di scrivere, dopo tutto questo tempo, così, d'improvviso, mi conforta. Vuol dire che ho ancora qualcosa da dare, ho ancora qualcosa di cui parlare, ho ancora qualcosa da sentire. Che qualcosa ancora è rimasto, c'è e finalmente vuole venire fuori. Che non sono una scatola di cartone completamente vuota. Magari c'era un doppio fondo ed io me ne sono accorta solo ora, e non potete capire quanto io sia felice di sapere che ci sia.

4) Questo modo di scrivere mi ricorda te. E in verità, spesso, ci sono molte cose che mi ricordano te. Mi manchi. Non hai mai smesso di farlo, nemmeno per un istante. Tu mi hai dato tante cose, a cui adesso, e anzi, fino ad adesso, mi è pesato rinunciare. Cose che non so se potrò mai recuperare da sola, se potrò costruire da sola o con qualsiasi altro essere umano su questa Terra. Forse si. Forse no. Non saprei. Dovrò aspettare per saperlo, aspettare e vedere come evolverò nel tempo. Nonostante tutto, io continuo ancora a nutrire la convinzione che non ci sarà mai nessuno come te. Nessuno che potrà mai arrivare anche solo alla centesima parte di quello che tu sei stata per me. Nessuno che mi potrà mai dare tanto senza nemmeno accorgersene, magari fin'anche volerlo. Nessuno. A volte ti penso e mi chiedo cosa starai facendo, come stai, se continui a scrivere parole come quelle che io ho amato tanto, e dove. Mi piacerebbe così tanto poter ritornare a leggerle. Anche solo a distanza, senza riavvicinarmi mai più, né cercare di contattarti o interagire con te in qualsiasi modo. Forse mi aiuterebbe a nutrirmi a sufficienza. Sapessi come mi sento spenta senza di te, con così pochi stimoli o addirittura senza. Perché la verità è che io non so fare da sola, non sono molto brava, e avrei tanto voluto che fossi tu a guidarmi, a insegnarmi a conoscere il mondo, ad orientare i miei pensieri, le mie riflessioni e la mia mente nel senso giusto. E invece tu non sei più qui e con molta probabilità, non rientrerai mai più nella mia vita. Dovrò pensarti sempre da lontano e credo che in fondo, dentro di me, non riuscirò mai a smettere completamente di amarti.

[P.s. Questo post è senza titolo, come tutti quelli che scrivevi tu.]

lunedì 7 maggio 2012

Forse è meglio innamorarsi dei silenzi.
Degli sguardi non guardati.
Dell'ombra più che della luce.
Dei secondi, più che dei primi.

Perché forse, i primi li guardi, ma i secondi li senti.

venerdì 27 aprile 2012

Discorso estrapolato da una conversazione tra me e una mia collega di corso conosciuta appena stasera:

Tizia: "Beh, immagino che te ne sarai fumate di canne in vita tua."

Io: "Sssssssiii...cioè a dire la verità solo una."

Tizia (visibilmente sorpresa): "Ma come solo una??!? Davvero??"

Io: "Eh si. Ma perché? Ho la faccia da fattona..?"

Tizia: "Beh, i capelli blu, lo stile alternativo...avrei detto che sei una che ci dà dentro."

Missione compiuta. 

P.s. Non ho sonno, e sto ascoltando quella canzone che ascoltavo in questo periodo un anno fa. Quella canzone che mi ricorda te, perché ricordo che ci avevi scritto anche uno stato su facebook l'anno scorso, con una strofa di quella canzone. Così l'ho cercata su google e poi l'ho ascoltata su youtube. Mi dà proprio di notte 'sta canzone. Posso quasi annusare il sapore fresco delle serate d'Aprile a casa mia, un anno fa, il sapore dei fiori, delle foglie, del vento, che sentivo quando chiudevo la finestra prima di andare a dormire, dopo aver passato tutta la serata a parlare con te. Il sapore di quando speravo. Di quando sognavo. Di quando sapevo sognare. Mi manchi, sai? Anche se non lo saprai, perché non te lo dirò mai, perché le nostre strade non si incontreranno mai più, e forse è meglio così. Però mi manca quello che eravamo (qualunque cosa fossimo), mi manca quello che avevamo. Mi mancano le tue parole, quelle che dicevi a me, anche se erano meravigliose bugie, e quelle che scrivevi su quel diario, che ho letto e riletto fino a consumarmi gli occhi. Credo che non riceverò mai più nulla del genere, nulla di ciò che mi hai dato (o che mi sono presa?), anche inconsapevolmente, da nessun altro essere umano. Alle volte ho paura di cercarti nelle altre persone. Non vorrei mai, perché non sarebbe giusto. Un anno fa nasceva la mia creatura. Quella creatura che ti avevo dedicato e che poi è dovuta morire insieme a splinder e insieme al mio amore, di nascosto, clandestina come quel sentimento. Anche se non leggerai mai questo post, così come tutti quelli che avevo scritto per te e che tengo gelosamente custoditi, volevo dirti grazie. Grazie, perché, in fondo, nonostante tu mi abbia ferita e mi abbia mentito, mi hai fatto capire cosa significhi amare un'altra persona. Anche se quella persona non sei stata tu ma probabilmente l'idea di te. Non importa, forse non fa neanche molta differenza. Spero che almeno qualche volta la tua mente si sia posata su di me. Chissà cosa diresti ora di quanto sono cambiata. Magari penseresti che non sono davvero io, mentre mi divertirei a immaginare la tua espressione dietro parole di sorpresa sullo schermo. E invece si, anche questa sono io. Anche i capelli blu, le canne, le sigarette, le sbronze, tutto. Chissà, magari io e te non siamo mai state poi così tanto diverse. Ci pensavo l'altro giorno. Magari quello che ammiravo in te era solo uno specchio in cui in fondo osservavo la mia vera immagine, la mia natura più recondita. 

Beh, chi lo sa. Lascio che sia la vita a rispondere per me. Peccato soltanto che tu non abbia avuto la possibilità di vedere quella crisalide esplodere in mille colori, le mie ali che rompono quest'ambra che si era cristallizzata intorno. E' una bella nascita, la mia. Giuro. 


mercoledì 25 aprile 2012

"Ma tu sei troppo bianca per restare mano nella mano con te stessa"

Vorrei che finalmente qualcuno me lo dicesse. Vorrei che me lo dicesse Dio o chi per lui, se mai dovesse esistere. Così magari ci credo anche io. Così magari è sicuro che prima o poi la mia mano ne stringerà una che non sarà la mia. Una mano salda, tiepida, magari un po' ruvida. E grande. Soprattutto grande. Che possa intrecciare le mie dita e bloccarle, come una cintura di sicurezza con la vita. 

giovedì 19 aprile 2012

Sapete quella sensazione bruciante di arrivare sempre per secondi? Sempre, appena, un secondo più tardi? Un solo fottutissimo secondo, che però vi fa soffiare via il posto da sotto al naso... .
Avete presente quando intuite che in realtà, nulla di ciò che potreste volere veramente ed intensamente, nulla di quelle poche cose vere, potrà essere davvero vostro? Quando capite che non potrete mai avere o toccare fino in fondo nulla che faccia parte dei vostri desideri più profondi?

Ecco. Questa sensazione mi accompagna da 23 anni. Sei lì, ad un passo, eppure non puoi sfiorarlo. Perché c'è sempre qualcosa "di più" fra voi. E tu sei brava, sei magnifica per tutti, per carità, ma non riesci mai ad essere abbastanza per nessuno.

[E sarà sempre così. Non c'è scampo.]

martedì 10 aprile 2012

Oggi, in obitorio, davanti a quel feretro aperto, osservando tutte quelle persone distratte e indifferenti intorno, mi sono chiesta se con il tempo il cuore degli uomini tenda ad indurirsi e ci si abitua talmente tanto all'idea del dolore da non riuscire più nemmeno a sentirlo, fino a pensare alla morte come a uno dei tanti accadimenti quotidiani, o peggio ancora, a una seccatura che comporta solo rogne da concludere in fretta, oppure se sia solo una cosa che dipende da persona a persona.

Beh, forse ho paura di darmi una risposta.

mercoledì 4 aprile 2012

Ora basta con la ragione.
Mi sono rotta il cazzo della ragione.
Ora sdogano l'istinto, come quando si sgancia il guinzaglio ad un cane feroce che è stato legato ad una catena per troppo tempo e tenuto a digiuno, affamato, rabbioso, pronto a scattare digrignando i denti e ringhiando.
Sarà solo puro istinto, e travolgerà tutto quanto. 
Sarà una gigantesca onda distruttrice.
Non mi importa chi si troverà di mezzo, non farò distinzioni. 
Tanto peggio per voi.


giovedì 29 marzo 2012

Credo che potrei esplodere da un momento all'altro per la felicità.

Si può morire di troppa vita?

giovedì 22 marzo 2012

Stasera rivedevo le foto profilo di G., quella che un tempo potevo considerare a tutti gli effetti la mia migliore amica. Sfogliavo l'album a ritroso e vedevo tutti i miei commenti nel giro di questi ultimi tre anni, e abbinavo a ciascuna foto, a ciascuna data, la sensazione particolare di un ricordo ben preciso, di un periodo della sua e quindi anche della mia vita.
Ho pensato a quello che ci è rimasto oggi.
A mala pena un caffè quando torno a casa per le vacanze, una volta ogni due o tre mesi, forse, per due o tre ore al massimo.
Due o tre ore ogni due o tre mesi.
Messaggi nemmeno ce ne mandiamo più.
A dispetto di tutte le promesse di appena un anno fa.
E non che io non ti pensi o non ti voglia più bene. E' solo che da mesi a questa parte ti ho sentita lontana, sempre più lontana. Nemmeno ti sei ricordata del mio compleanno, per la prima volta in 8 anni. Io lo so che è stata colpa di quel dannato lavoro. Ma cazzo se mi manca la G. che eri un tempo, quello che eravamo noi due un tempo. Mi mancano le risate tra i banchi dell'università, mi manca persino l'esaurimento per Bertolo, due estati fa. Ricordo che continuavo a scriverti in bacheca nomi di disturbi su disturbi, e che ci mettevamo a fare le gare a chi si ricordava meglio i nomi di tutti quei farmaci astrusi, quei cazzo di antipsicotici. E il lavoro di squadra per Rosita. E tu che mi consigliavi di ascoltare gli HIM e i (è mezz'ora che cerco di pensarci ma non ricordo più il nome della band ma cominciava con la R, credo, e la cantante era bionda). Quando mi ascoltavi piangere al telefono per M. o mi dicevi che ero stata una stronza con lui, con quei tuoi modi schietti e anche un po' bruschi ma che comunque non cambierei mai. Eri una delle persone più leali che avessi mai conosciuto. Avrei voluto che continuassimo a camminare ancora insieme. Non sei andata via, questo è vero, la tua è una presenza ancora costante nella mia vita, ma troppo poco intensa ormai.

E adesso, ripensando a tutto questo, mi è venuto in mente che forse i rapporti con le persone non sono altro che parabole. Forse è così che deve andare sempre. Quando si tocca un picco massimo, poi non si può far altro che scendere, in picchiata o dolcemente, fino a che la curva non si stabilizza e tende piattamente verso l'infinito, così come è nata dal niente. Con la differenza, però, che dietro di sé ha lasciato una scia, una traccia, una storia, che non si può cancellare né ignorare.

E' probabile che nessuno riesca a rimanere per sempre, in effetti.

martedì 20 marzo 2012

Home, sweet home


Questa qui è casa mia. La foto è stata scattata a Luglio dell'anno scorso da un ragazzo che conosco, secondo me con un talento innato per la fotografia (che poi con me sia stato un grandissimo stronzo è secondario, perché purtroppo, per me rimane pur sempre un bravo fotografo).  



Mi manca.
Il mare, intendo. Mi manca da morire.
Mi manca quel suo odore acre, pungente, che si respira nella brezza delle sere di Giugno lungo il porto, mentre passeggi sul molo e vedi gli innamorati seduti sul muretto a stringersi promesse mute che non manterranno mai.
Mi manca il suono della risacca. Quel suono lento e cadenzato che ti infonde una tranquillità estrema, quasi come fosse una nenia, con quel suo ritmo regolare, come per dirti che non devi preoccuparti, perché il mare si ritira, si, ma poi torna sempre indietro a baciare la riva, e lo potrai trovare sempre lì per te.
Mi manca la limpidezza delle sue acque d'inverno, quando è sempre più bello che in qualsiasi altra stagione dell'anno, perché è solitario e silenzioso e si può ammirare meglio la sua vastità.
Mi manca poter osservare l'orizzonte sgombro, quella linea sporca di confine tra cielo e terra che mi aiuta a perdermi sempre un po', come vorrei.
Mi mancano soprattutto i tramonti sul mare, che credo siano tra le meraviglie più preziose che il Mondo ci abbia mai donato. Mi manca quell'oro sull'acqua e la malinconia degli ultimi pescatori che rientrano traballando nel porto con le loro barche malconce prima che cali il buio della notte, con un misero bottino in tasca, le mani sporche e il sorriso di chi si accontenta con poco e vive di passione.

Penso che non potrei mai veramente invecchiare senza questo.
Mai.

sabato 17 marzo 2012

Perché la gioia come il dolore si deve conservare, si deve trasformare.





E’ solo un uomo quello di cui parlo
del suo interno come del suo intorno
di quando scivola su se stesso
di quando scrive come adesso
sulle sue guance il vento fresco
della vetta della conquista
sotto le unghie ha la terra
di quando striscia.

Le sue serate, le sue ferite,
le donne amate e poi dimenticate
dell’ambizione, della speranza
le ragnatele della sua stanza,
di quando ha paura di morire
e un orgasmo lo fa tremare
quando la vita non è poi così come appare.

E’ solo un uomo quello di cui parlo,
quando inciampa nella sua ombra,
quando cammina sull’acqua e non affonda.
E’ solo un uomo quello di cui canto,
di quando sbaglia e non si perdona
il furore e il disincanto
di quell’universo a forma di persona.

Parlo di quando spara a suo fratello
o si inginocchia a un portafoglio
quando osserva l’infinito attraverso il suo ombelico
di quando sventola una bandiera
o ci si nasconde dietro per paura,
una menzogna è più cattiva nascosta dentro una preghiera.

E’ solo un uomo quello di cui parlo,
di una doccia dopo il tradimento,
del sorriso che ritorna dopo che ha pianto.

E’ solo un uomo quello di cui scrivo
la notte prima di un lungo viaggio
quando non sa se poi partire sia solo partire
o magari scappare.

E’ solo un uomo quello che mi commuove
che vorrei uccidere e salvare,
amare e abbandonare.

E’ solo un uomo ma lo voglio raccontare
perchè la gioia come il dolore
si deve conservare,
si deve trasformare. 

martedì 13 marzo 2012

Se potessi, prenderei un po' di vita dalle mie vene e te la trasferirei con una siringa.
Se potessi, mi prenderei un po' del tuo veleno se servisse a farti stare meglio. Non mi importerebbe niente di intossicarmi. Quel veleno non mi ucciderebbe mai, mi renderebbe solo più forte. Mi creerei degli anticorpi per tante cose che non conosco e che mi permetterebbero di riuscire a vedere almeno un po' di quello che vedi tu, di sentire quello che senti tu, per poterti raggiungere, per poterti finalmente sfiorare.
Non morire.

Per te.

domenica 11 marzo 2012

Ho un gran casino in testa, e sento che la sua morsa mi soffoca, mi stringe attorno al collo, attorno al cervello, e io non respiro.

La verità è che, anche io, come ogni altro essere umano, ho le mie ombre, ma la verità ancora più vera è che io sprono gli altri ad accettare le proprie perché, io per prima, non ho il coraggio di farlo, e vorrei che almeno loro avessero quella serenità che io in fondo non ho, e che non so concedermi.


Avrei così tanto bisogno di qualcuno che mi riempia, che mi stringa forte, che mi culli e mi tenga salda, che riversi tutto il suo calore dentro di me per farmi restare intera, un calore che mi fissi come una colata di cemento, ma ho una paura folle di me stessa, di radere al suolo tutto quello che sfioro con questa fame disperata, di prosciugare le energie di qualsiasi cosa mi circondi e mi capiti a tiro con il mio egoismo smodato. Perciò rimango ferma, impassibile, mentre tutti mangiano dal loro piatto. Io guardo il mio e mi dico che non ho fame, non lo metto a fuoco e fingo che non esista davanti a me, fingo che non ci sia niente dentro, mentre il mio stomaco implora pietà ma io lo zittisco. E resisto.

sabato 10 marzo 2012


"Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci più a nostro agio?"

"Non lo so, è un'ottima domanda."

"E' solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale. Quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento, e condividere il silenzio in santa pace."


giovedì 8 marzo 2012

Sono semi ubriaca. E questO POST NON AVRà SENSO. hO DECISO DI LASCIARE CHE SI SCRIVA DA SOLO. E' un esperimento i realtà.  La punteggiatura non esisterà. Esisteranno solo concetti. Lacasiate scate le parole. C'è un ragazzo che mi piace un casino ma non posso dirglielo. Sono in condizioni pietose. Mi semi-reggo in piedo.Però è bello passare tutta amsera a ballare saltare, parlare in inglese co uno sconosciuto ed essere spensierata. E bello passare gran parte della serata a parlare con un ragazzo in messo al casino senza quasi nemmeno sFIORARLO. e Fre discorsi itelligenti, non le solite puttanate che si dicono per rimorchiare. E' bello che alla fine, quando stai per andartene, lui di tidca "Hai degli occhi bellissimi cazzo", ANCHR QUANDO SONO SEMI SPENTI DALL'ALCOL. Non baderò agli errori in aueto èost, non verranno corrwtti volutamnte. Non so se lo pubblicherò ma ok. Domani ho lezione LLE 10 E MEZZA E VORREI ANDARCI, MA ON SO SE RIUSCIRò A SVEGLIARMI IN TEMPO.  mI è PI<aciuto abbracciare V. . Non tanto perché non mi reggessi in piedi e avcesi bisogno sel sueo appoggio, quanto per farlgi capire che mi dispiace un casino che sua madre sia morta  e che vorrei stargli vicino e stringerlo forte, vforrei abbracciaro per fagli capire che otrei volergli molto bene, perché è una persona gentile e generosaò. Non si caposce niente. E per altro ho fatto una figura di merda stabdo abbracciata al cesso davanti a ttutti con l'intenzioni divomitare, cosa che po i non ho fatto. Ma non importa. Adesso tenterò di struccarmi e di andare a dormire. Spero di svegliarmi in tempo domano. Erano secoli che non mi riducevo così. Non pubblicherò mai queto scempio.

EDIT: sono le ore 14.06 e mi sono svegliata da mezz'ora circa. Naturalmente non sono andata a lezione. Non ho avuto la forza di struccarmi ieri sera ma, misteriosamente, la pazienza di ripiegare diligentemente tutti i miei vestiti e metterli nell'armadio si, salvo poi ricordarmi nel dormiveglia che erano fradici di Rum e Cola. Credo che dedicherò questo post alla bellezza, perché stamattina pensandoci mi è venuto in mente questo.

P.s. ascoltare a palla Kyuss, Verdena, QOTSA e APC la mattina nel letto dopo una sbronza potente è una vera goduria. Il prossimo step sarà ascoltarli durante.

lunedì 5 marzo 2012



Stasera riascoltandola mi è venuta in mente quella sera di Maggio in cui mi hai rivelato il suo titolo. La conoscevo ma naturalmente lo ignoravo. Ricordo che quando ad un certo punto lui dice "Find a girl, settle down", pensavo che avrei voluto che quella ragazza fossi tu. Che fossi tu, per la vita. Mi parlavi della tua chitarra acustica e io ti dicevo che avrei voluto tanto imparare a suonarla ma che da autodidatta non ci sono mai riuscita. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto se me lo avessi insegnato tu. Mi sarebbe piaciuto se mi avessi insegnato molte cose, in realtà, nonostante tu me ne abbia insegnate tante senza nemmeno rendertene conto, tante cose che ho paura di aver perso o, quel che è peggio, che forse ho perso per davvero. Perciò, adesso farò un elenco di quello che mi hai lasciato, o meglio, di quello che mi ricordo tra le cose che mi hai lasciato, in modo che almeno queste io possa salvarle:

1) "pleonastico", in uno dei nostri primi messaggi, mentre ti parlavo dell'esperimento di Pavlov e ingaggiavamo la nostra prima discussione "Medicina vs. Psicologia", Luglio 2009;
2) "impertusare", nella tua macchina mentre giravamo per il centro di Bari, Marzo del 2010. Credo stessi facendo una curva mentre lo dicevi;
3) "dileggiare", in una delle nostre innumerevoli chiacchierate ma non ricordo precisamente quando;
4) la sagacia e le istruzioni per l'uso dello humor acido;
5) la malinconia;
6) il sapore dolce delle notti passate a parlare e delle attese.

Ora non mi viene altro in mente, anche se lo so che c'è stato molto, ma molto di più. Penso di stare perdendo tutto progressivamente, come in quelle malattie degenerative del cervello, e non posso farci niente, posso solo aspettare che accada l'inevitabile, attendere immobile l'azzeramento totale.

Ho bisogno di qualcuno che ricominci a nutrirmi, ne ho bisogno davvero.

venerdì 2 marzo 2012

Polvere

Stasera, a fine serata, mi sono fermata a parlare in macchina con S. . Avevo percepito che qualcosa in lui non andava, al di là delle apparenze, delle sue parole e della sua caratteristica giovialità di facciata quando è in compagnia, perché ormai, dopo più di 8 anni, credo di conoscerlo almeno un po'. Il quadro che mi si è prospettato davanti una volta rimasti soli è stato per me a dir poco agghiacciante. Non l'avevo mai visto così demotivato, rassegnato e distruttivamente realista come oggi. Siamo sempre state due persone molto diverse sotto alcuni aspetti. Lui è sempre stato caratterizzato da un realismo che per me rasentava la rassegnazione alla vita, che la spogliava di qualsiasi sapore, colore, sfumatura. Io, invece, sono sempre stata un'idealista che forse, devo ammettere, rasentava (e rasenta ancora adesso) l'ingenuità. Ho sempre vissuto nel mio mondo utopico fatto di idee, progetti e buoni propositi che non avrei mai e poi mai potuto concepire diversi da come io li avessi immaginati.

Ecco, oggi mi sono sentita una completa stupida di fronte a lui e ai suoi discorsi spietati sulla vita, sul futuro, alla sua ondata di realismo pessimista, che mi ha travolta come uno schiaffo in pieno viso. Mi sono sentita soltanto una bambina ingenua che sogna nel suo mondo delle favole dal quale poi si sveglierà troppo tardi per essere preparata al mondo vero, che pensa continuamente che andrà tutto per il meglio ma a cui poi la vita farà le scarpe. Mi sono chiesta davvero cosa ne sarà di me, se davvero riuscirò a realizzare il mio sogno oppure se questi non saranno solo anni buttati al vento per un traguardo che non troverò mai perché nemmeno esiste, se i miei sacrifici di ora, ma soprattutto quelli che i miei genitori stanno facendo per me, per garantirmi un futuro migliore, varranno sul serio a qualcosa domani; mi sono chiesta come sarò a trent'anni e mi sono risposta che molto probabilmente sarò una "bambocciona" (come ha detto lui) che peserà ancora sulle spalle dei propri genitori perché il suo traballante percorso di studi non si sarà ancora concluso, senza la sicurezza che poi quegli anni di giovinezza sacrificati alla mia vocazione si concludano poi degnamente con un lavoro stabile e gratificante. Mi sono detta, forse per la prima volta, che molto probabilmente non potrò diventare madre prima dei 35 anni, o forse anche più; mi sono chiesta se riuscirò mai a trovare un uomo che abbia il coraggio e la pazienza di aspettarmi durante questo lungo cammino, di rimanermi comunque accanto, di comprendere il mio amore per ciò che studio e non mettermi di fronte ad un bivio, e mi sono vista sola, completamente votata al mio lavoro, con l'abnegazione e l'entusiasmo che so mettere in tutte le cose che mi piacciono ma priva del calore dell'amore di un altro essere umano, con il deserto intorno, come per una specie di maledizione. Oramai, sono sempre più convinta che la mia sia davvero una maledizione. La maledizione dell'istinto al sacrificio per le mie passioni, che però mi sono costate e mi costeranno sempre carissime. La maledizione della rinuncia ad una grossa fetta di me che possa darmi vita perché io possa dire che sia valsa la pena averla vissuta. Io credo che, in fondo, la mia vita non riuscirò mai a viverla davvero, che la mia tendenza a boicottarmi e a privarmi di tutto ciò che possa rendermi felice sia uno dei nuclei costitutivi del mio essere, che per questo motivo non potrò mai estirpare del tutto da me stessa.

In realtà, io so di non avere scelta. Di non avere scelta  nel decidere di sacrificare tutto per questa passione bruciante che sento per la psicologia, di annullarmi per realizzare unicamente quella parte di me rinunciando a molte altre cose che rendono umano un uomo. Non ho scelta, la mia strada è quella e devo percorrerla con la consapevolezza che, dietro di me, potrei anche lasciare solo nuvole vuote di polvere, e niente più.

lunedì 27 febbraio 2012

Sarà stato un caso che proprio in questi giorni, in cui sto pensando sempre più intensamente a questa storia del Perù, a come potrei fare a guadagnarmi i soldi del biglietto se prendessi la decisione di partire, mia madre mi abbia comunicato che ho vinto una borsa di studio?

sabato 25 febbraio 2012

Bentornata!

Io: "Ma', ma sono ingrassata?"
Mamma: "Nooooooo, stai bene!"
Io: "Sono ingrassata??!?"
Mamma: "No ma stai bene!"
Io: "Ok, sono ingrassata."
Mamma: "Vabbè stai più tondetta rispetto a Novembre che ti sei laureata ma stai bene! A Novembre ti sei proprio sciupata! Ti sei arrotondata un po' tra Novembre e Dicembre."
Io: "Si vabbè ma rispetto a Natale??!?"
Mamma: "No no sei sempre uguale."
Io: "Ma a Natale mi avevi detto che non ero ingrassata! Quindi se ora mi dici che sono più tondetta e a Natale ero uguale a prima vuol dire che non sono ingrassata tra Novembre e Dicembre ma tra Dicembre e ora!!"
Mamma: (qualche secondo di pausa) "...no ma stai bene!"

Bene, credo proprio che il biglietto per scendere a Pasqua me lo risparmierò.

venerdì 24 febbraio 2012

La risata di una nuova amica, un caffè con delle sconosciute, sei mesi in Perù, tutta la serata passata a ridere col gestore del locale facendo a gara a chi dice barzellette più stupide, incontrare fiotti di gente nuova e riuscire a parlarci come se li conoscessi da una vita, sentirsi liberi di essere liberi, Padova il pomeriggio alle cinque sotto i portici, l'ospedale, le stradine strette, le abbazie antiche, il cielo pastello, l'edicolante che ti sorride, condividere i sogni con C., vedere V. più sereno e sentire in qualche attimo quell'intesa che mai avevi provato prima con lui, il Pedrocchi, il ritorno che è sempre lo stesso ma mai uguale, l'uomo della copisteria che ti tocca il naso come fossi una bambina, ti prende le mani alla sprovvista, le accarezza e ti chiede perché ce le hai così rosse.

Ecco, queste sono le giornate che mi riempiono, le giornate che mi ricordano il motivo per cui sono qui, come una prova del nove, per confermarmi che si, ho fatto la scelta giusta, che è proprio questa la mia strada, che è così bello costruire con le proprie mani qualcosa che sia tuo e tuo soltanto che tu possa plasmare a tua immagine e somiglianza.

Beh, se queste giornate potessero avere un colore, sarebbe sicuramente un accecante color dell'oro.


mercoledì 22 febbraio 2012

Dimmi perché, ogni volta che la mia mente può permettersi il lusso di spaziare, va a te. Anche quando avevo pensato che fossi morta e sepolta, anche quando avevo imparato a convivere con l'idea che fossi uscita dalla mia vita senza una via di ritorno, che non ti avrei più aspettata la sera, che non avrei più trepidato leggendo il tuo nome sul display del cellulare, perché non ci sarebbero stati più tuoi messaggi da leggere o chiamate da ricevere, che non ti avrei più svegliata al mattino, che avrei finalmente potuto ricominciare, dimmi perché io penso ancora a te, a quell'idea di te, scevra da qualsiasi tipo di contaminazione. Dimmi perché mi ostino a salvarti, in fondo in fondo, a conservarti in una scatola di vetro trasparente proteggendoti dai tarli della mia rabbia, dalla polvere, dal vento di tempesta e a pensarti nella maniera più stupidamente e ingenuamente genuina che ci sia, come tu non sei. Dimmi perché non riesco a distruggerti del tutto.

Forse perché mi fa comodo così e io sono solo una vigliacca.
Forse perché in fondo non andrai mai via. Non lo so.

Forse, come mi sono già detta, dovrà solo arrivare qualcuno di più straordinario di te.







martedì 21 febbraio 2012

Oggi pomeriggio non ho potuto fare a meno di riflettere ancora una volta su quanto il lavoro di un medico, anzi meglio di un chirurgo, e quello di uno psicoterapeuta, si somiglino. Entrambi devono cercare di riparare qualcosa, tenendo conto di non essere in grado di riuscirci, di sbagliare nel tentativo del salvataggio o peggio ancora di provocare ulteriori danni. Poi però ho pensato che il chirurgo, prima di operare, si sterilizza sempre le mani e indossa mascherina, cuffia e guanti di lattice per non rischiare di infettare il paziente con i germi che porta dall'esterno della sala operatoria, dove, proprio per la salute dello stesso, è necessario che sia tutto perfettamente asettico. Perciò, di conseguenza, ho pensato che normalmente anche il terapeuta dovrebbe avere la mente sgombra dai suoi problemi personali quando tratta coi pazienti, per evitare che le sue dinamiche influiscano con l'andamento della seduta o dell'intera terapia e ne vada così dell'integrità psichica del paziente.

Ma subito dopo mi sono chiesta: come si fa a sterilizzare i pensieri?

giovedì 16 febbraio 2012

MAI MAI MAI provocare una donna in periodo premestruale.

Specialmente se già abbondantemente irritata e non aspettava altro.
Specialmente se dopo un esame.
E specialmente se si tratta di me.

domenica 12 febbraio 2012

Rubo questa catena ad Airbag perché, avendo appena trasferito questo blog, mi era sembrato carino elencare sette cose che mi riguardano. Non la rimanderò a nessuno perché sono la prima ad odiare gli obblighi imposti dalle catene di S. Antonio e perché non credo mi crollerà addosso il palazzo se non la invio ad altre 7 persone entro 7 giorni (che fa molto "The Ring", ma vabè):

1. Adoro la notte, perché di notte il tempo è come sospeso e ti sembra di averne all'infinito;

2. Ho letteralmente il terrore di fare del male alle altre persone;

3. A 17 anni ho sfiorato l'anoressia;

4. I miei generi musicali preferiti sono il post punk, il rock elettronico e l'alternative;

5. Non riesco mai a non mettermi a nudo con gli altri, tanto meno a pentirmene completamente, perché mi infastidisce dovermi nascondere;

6. Ho amato davvero una sola volta in 23 anni;

7. Sono una ritardataria cronica.

sabato 11 febbraio 2012

giovedì 9 febbraio 2012

"Non vergognarsi della propria malinconia 

è un compito penoso anzi uno strazio"



[Ivano Fossati - L'amore trasparente]




P.s. Papà, vorrei tanto che la smettessimo di litigare al telefono. Vorrei tanto che la smettessi di chiamarmi solo per quel dannato conto alla posta, per quelle dannate carte, che mi dessi un po' di tregua e non mi ricordassi continuamente di tutte le questioni burocratiche che devo sbrigare ma che finalmente mi dicessi solo un noiosissimo "Come stai? Stavi cenando?" e vorrei poterti rispondere col mio solito tono acido "Papà, sono solo le 7 e mezza, ti pare che io mangi a quest'ora?!?". Tutto quello di cui avrei avuto bisogno oggi sarebbe stato un tuo abbraccio, uno di quei tuoi soliti abbracci avvolgenti che sanno tenermi intera, per rassicurarmi che andrà tutto bene, che devo credere in me stessa, e invece sono finita per l'ennesima volta a chiuderti quasi il telefono in faccia. Spero tanto che la donna nuova che sento di stare pian piano diventando non ti deluda. 


P.p.s. Alle volte la mia bulimia affettiva mi spaventa, mi spaventa il mio desiderio bruciante, insensato e tremendamente ridicolo di sentire il calore umano vicino alla mia pelle, tanto che poi a furia di sfregare mi scotto e ritraggo la mano. E passo continuamente dal caldo al freddo, e mi si spacca tutto per lo sbalzo.  

lunedì 6 febbraio 2012

Per me, questo, è un periodo strano. Oramai sono mesi che mi risulta sempre più difficile raccontarmi, raccontarmi con le mie parole, quanto meno. Quelle parole con cui ho sempre saputo dipingere nitidamente i miei pensieri e i miei stati d'animo, quelle parole con cui ho dipinto un amore oramai frantumato, che si è logorato macerando nei detriti del suo stesso ricordo. E' un periodo strano, strano e nuovo, strano ma nuovo. E' un periodo di lontananze e conquiste, di partenze e nuovi arrivi, di vecchie malinconie e nuove speranze, di tramonti, di risvegli con albe in luoghi sempre diversi e sconosciuti ma che, in fondo, lo so che odorano di buono. In questi mesi ho provato tante volte a scrivere qualcosa di sensato, senza troppo successo. Oppure decidevo deliberatamente di lasciare che le parole sfuggissero, per pigrizia, perché i miei pensieri giravano così veloce, guizzavano, a tal punto che non riuscivo a stargli dietro e allora li lasciavo liberi di attraversarmi senza fermarli con un chiodo a questo muro della memoria. Quanti pensieri ho lasciato andare, quanta ricchezza negata e quanto tempo sprecato. L'unica cosa che riuscivo a fare, era delegare a delle parole già scritte il compito di specchiarmi. Così, incapace di dipingere e passiva, spenta, ho cominciato a trovarmi nei libri ma soprattutto nelle canzoni. Ho raccolto valanghe di parole e ho cominciato a ricopiarle, e a riempirne le pareti della mia stanza, sommergendomi di riflessi di me stessa. Naturalmente non era la stessa cosa. Mi mancava non riuscire ad usare i colori della mia tavolozza, mi mancava non riuscire né più essere motivata a sporcarmi le mani, mi manca tutt'ora. Io credo fermamente, come dissi anche un po' di anni fa ad una persona che oramai non c'è più, che si riesca a scrivere veramente solo sull'onda di un'emozione, nel mio caso spesso e volentieri cupa. La mia incapacità di parlare davvero, in questi mesi, il mio mutismo, mi hanno dimostrato più che evidentemente il vuoto che mi sono portata dentro, l'aridità che ha spazzato via qualsiasi ombra di emozione, annientandomi ancora più brutalmente di come si potrebbe fare con un pugnale o una pistola. Perché quel vuoto mi ha annientato l'anima, me l'ha schiacciata con un piede prepotente ed io ero troppo debole per reagire. Sono rimasta immobile, inerme, a lasciare che questo accadesse, per comodità. Non mi ero mai davvero accorta di queste dinamiche fino a che non ho iniziato a scrivere questo post. Forse, però, sarà proprio questo post il primo monito, il segnale che ho finalmente smesso di subire, che sono stanca e che ho cominciato a reagire. Piano piano io mi riprendo me stessa, piano piano io quella tavolozza me la riprendo, perché ho voglia di sporcarmi ancora le mani, ho voglia di tornare a guardarmi dentro e di dipingere ancora quadri bellissimi, e vi prometto che i prossimi, saranno ancora meglio dei precedenti.

Questa, è per quello che è stato 

Ti lascio questa canzone 
perché adesso il momento è arrivato 
ho messo qui dentro i giorni, le cose 
e le storie che abbiamo vissuto 
c'è dentro un pacco di libri 
e un paio di scarpe bucate 
ci sono i biglietti, le foto 
e tutti i viaggi rimasti da fare 
Non venire mai a cercarmi 
sono andato dove il vento mi chiama 
stasera sarò mille miglia 
lontano da casa 

La magia se n'è andata, la luce si è spenta 
sono partito, e il resto è passato 

potrai sempre dire che non era più il tempo 
o che forse era un mondo sbagliato 
e se un giorno dovessi incontrarmi ancora 
a una svolta del nostro destino 
salutami come l'amico di un tempo 
che la vita ha portato lontano 
Non venire più a cercarmi 
sono andato dove il vento mi chiama 
stasera sarò mille miglia 
lontano da casa 
Non venire mai a cercarmi 
sono andato, la vita è cambiata 
ti mando un abbraccio 
e la mia serenata di strada 

Ti ho scritto questa canzone 
perché adesso il momento è arrivato 
ci troverai dentro i sogni e i rumori 
delle notti che abbiamo passato 
ci ho messo i pianti e la rabbia 
e una manciata di buoni ricordi 

della donna che un giorno mi ha amato 
con gli occhi più scuri e gli abbracci più dolci 
Non venire più a cercarmi 
sono andato dove il vento mi chiama 
stasera sarò mille miglia 
lontano da casa 
Non venire mai a cercarmi 
sono andato, la vita è cambiata 
ti mando un abbraccio 
e la mia serenata di strada



[Modena City Ramblers - Serenata di strada]

Questa, è per quello che sarà, quando sarà tempo che lo sia

Vorrei vivere sul tuo collo 
riparandomi sotto l'orecchio 
aspettando che spiova 
riparandomi sotto il mento quando il sole brucia



[Erica Mou - Vorrei vivere sul tuo collo]

Perché vorrei tanto qualcuno che, prima o poi, mi lasci affondare il naso nel suo collo, chiudere gli occhi e accoccolarmi al suo petto.