mercoledì 30 giugno 2010

Avrei voluto scrivere qualcosa sulla mia casuale e affascinante passeggiata di oggi nel centro storico del mio paese, tra vicoli e piazzette senza uscita di cui non conoscevo l'esistenza e facciate ridenti e colorate. Avrei voluto scrivere della gente, di quell'atmosfera che si respirava, come essere tutt'a un tratto catapultati in un mondo a parte, dove il tempo non esiste, ma non mi va più. Essenzialmente perchè il mio umore è più nero della pece.

Perchè stasera mio padre è impazzito e si è sentito autorizzato ad urlarmi in faccia sbattendo i pugni sulla mia scrivania come non aveva mai fatto prima esclusivamente perchè, a sua detta, io gli avrei mancato di rispetto alzando troppo la voce. Non mi va di elencare le mie giustificazioni, non mi interessa. Mi serve solo essere consapevole che c'aveva i cazzi suoi per la testa e s'è venuto a sfogare con me, non dandomi nemmeno la possibilità di parlare. Mai, e dico mai in 21 anni, mi aveva detto di stare zitta e ubbidirgli nel modo in cui l'ha fatto stasera. Comunque, ciò che mi ha detto mi è uscito dall'orecchio sinistro qualche frazione di secondo dopo essere entrato dal destro. E in ogni caso, ho deciso di fare ugualmente di testa mia. La prossima volta che ha una reazione spropositata del genere, giuro che lo provocherò fino a tirargli uno schiaffone (impresa molto ardua se si tratta di mio padre), quanto meno sarà più soddisfacente vederlo rodersi dopo e magari strisciare a chiedermi scusa (anche se non striscia va bene uguale). E col cazzo che gli chiedo scusa io, se lo può solo scordare.

Perchè oltre ad aver da poco appreso che lui ha un'altra, ho anche compreso che fra non molto andrà via da Bari, per frequentare qualche scuola per ufficiali/sottoufficiali o giù di lì. E io sento sempre più quel pezzo di me che si strappa e muore. Definitivamente. Senza via di ritorno. Non ero ancora pronta a questo e nemmeno ne ero consapevole a dire la verità. Sono una ragazza strana, io. Beh, arrivati a questo punto, devo approntarmi come posso e basta, non ci sono poi tante altre vie d'uscita.

Perchè mi sa tanto che, con D., non ho la benchè minima speranza di riuscita e onestamente sto iniziando a stancarmi di aspettare e di ritornare al punto di partenza anzi che andare avanti. E poi forse è meglio così. Forse non sarei nemmeno stata pronta. Forse è meglio che viva la mia vita da sola per adesso, è meglio che mi ricostruisca definitivamente, che faccia la mie esperienze senza dover dipendere da qualcuno. Non ne avevo poi nemmeno troppa voglia. Forse.

Si, lo so. E' un post emo del cazzo. Scusate la pessima qualità ma oggi non riesco a fare di più.

Alla prossima.

giovedì 24 giugno 2010

Mi chiedo come si possa smettere di amare qualcuno.

Cioè, come si faccia tecnicamente e se sia effettivamente possibile. Sono sempre stata scettica su questa questione. Non sono mai stata pienamente convinta che sia possibile smettere. Se abbiamo amato qualcuno per quello che è o per quello che è stato, anche se poi ci ha fatto torto, anche se poi da un certo momento in avanti abbiamo iniziato a non riconoscerlo, sono sempre stata convinta che il nostro amore fosse sempre legato lì, dietro agli strati di maschere e lerciume accumulato, che fosse sempre ancorato all'essenza di quella persona, o almeno ad una parte di essa, quella che abbiamo potuto conoscere. Perchè quella parte era tanto reale quanto quella che ci ha delusi. Io non credo che con il tempo si smetta di amare qualcuno, se lo si ha veramente amato. Io credo che si dimentichi di amarlo, perchè si relega l'oggetto della propria dedizione in un cantuccio della soffitta e si aspetta che la polvere e i tarli lo divorino fino a consumarlo. Ma non succede. Mai. Non del tutto, almeno. Ho sempre avuto la stramba idea nella testa, che ogni amore che viviamo poi diventa come uno strascico, un peso assicurato con una catena alle nostre caviglie. Ce ne portiamo dietro sempre un pezzetto. E quando ci separiamo, anche un pezzo di noi si stacca e segue come una remora chi abbiamo amato, continuando a ricordargli che un brandello di quell'amore si è salvato, che brucia ancora sotto le ceneri e che lo accompagnerà fino alla fine del suo tragitto. Sono sempre stata convinta che lasciamo pezzi di noi sparsi in tutte le persone che tocchiamo e sentiamo e lo stesso fanno loro con noi. Un po' come piantare dei semi eterni. O un po' come dei tatuaggi, che imprimono marchi indelebili sull'epidermide. Affidiamo loro in custodia una parte di noi per il resto della loro esistenza e altrettanto fanno loro con una parte di sè, senza esserne consapevoli. Così un po' di loro continua a vivere in noi e si alimenta di ciò di cui noi ci alimentiamo, mischiandosi, fondendosi, forgiandoci.

Potrebbe però anche essere che mi sbagli.
Potrebbe anche essere che non continuiamo ad amare loro ma i loro ricordi.

Potrebbe anche essere che non ci sia differenza.

domenica 20 giugno 2010

Marlene Kuntz - Notte


Mi dispiace veramente
che sono ancora qui a parlare di noi,
ma è il mio modo di espiare
colpe a cui non sono date
alternative valide.


E c'è la notte che
mi conturba con tutta la sua intimità...
Questo fa con te?

Prima, come una folata
ti ha segnata con le lacrime:
era l'ira minacciosa che soffiava
dalle nostre bocche
amare e stupide.


E la notte ti preserva
dalla mia intimità,
ma chissà se ti riserva
il desiderio e la paura della bontà
come fa con me.


"...Eri così bella nella tua complicità,
l'anima gemella della mia felicità.
Ero io così per te. Ma l'incantesimo
la mia bacchetta l'ha spezzato poco a poco
..."

Ti dispiacerà per sempre
che ero ancora lì a parlare di noi?
Ma mi son messo a camminare
e confido che qualcosa, prima o poi,
mi distrarrà:


c'è la nebbia e il suo biancore...
c'è un ubriaco da sorreggere...
Io vorrei solo scoprire
se anche tu hai delle colpe che
non puoi eludere.


E la notte ti preserva
dalla mia intimità,
ma si insinua lentamente
tra i velami della mia sensibilità:
questo fa con me.

"...Ero così bello nella mia complicità
l'anima gemella della tua felicità.
Eri tu così per me. Ma l'incantesimo
la tua bacchetta l'ha spezzato poco a poco..."

Eri tu così per me
ero io così per te
eravamo l'un per l'altra incorruttibili

eri tu così per me
ero io così per te
ma l'incantesimo si è spento poco a poco

 

sabato 19 giugno 2010


Io non tremo, è solo un po' di me che se ne va.


E' così che mi sento ora. Come se un pezzo di me si fosse staccato e morisse strada facendo, si dissolvesse nel niente e mi avesse lasciato un buco sbrindellato. Avrei voluto scrivere ciò che sto scrivendo almeno una settimana fa, ci ho provato in più modi ma nessuno di questi mi soddisfaceva, così ho lasciato le mie mille parole a marcire sulla carta e lì rimarranno, le terrò per me soltanto. Perchè questo è il modo migliore di dirlo, non c'è bisogno di usare troppe parole.





Io non tremo,
è solo un po' di me
che
SE
NE
VA... .

martedì 8 giugno 2010

Squame metalliche

E finalmente, dopo l'esame, posso concedermi del tempo per la sottoscritta (poco, è vero, perchè mi aspettano altri due - o se riesco tre - esami da dare nel giro di un mese e mezzo o giù di lì ma sarà pur sempre un po' di respiro dopo le ultime fatiche che, c'è però da dire, dovrebbero aver portato buoni frutti, almeno stavolta). Finalmente posso fare il punto sulla questione "ritorno a me stessa". Finalmente sono tornata la combattente di prima dopo la parentesi di totale rincoglionimento di questi mesi (anche se sono anni che mi dico che non mi riconosco più e poi faccio sempre certi errori: che facciano anch'essi parte di me? Inizio a crederlo.), mi sto concentrando sugli esami e sullo studio come una volta, ma adesso sento di avere una marcia in più. Stamattina riflettevo con D.: ci raccontavamo dei nostri problemi, dei nostri dolori, delle nostre disavventure. Ognuno ha le sue, chiaramente non è che sia io ad avere l'esclusiva di certe situazioni, che ho scoperto essere più comuni di quanto pensassi. Mi sono ritrovata per forza di cose a pensare alle recenti esperienze e a considerare che mi hanno inevitabilmente portata al cambiamento (suppongo permanente), volente o nolente. Mi hanno condotta però a riflettere che questo mio cambiamento non è poi così male, almeno per quanto mi riguarda (e onestamente, di ciò che potrebbero pensare gli altri me ne strasbatto, perchè se così come sono non vado bene a qualcuno allora quel qualcuno non sarà obbligato a rimanere al mio fianco, tantomeno io lo implorerò di restare: non si può piacere a tutti, si può essere compatibili solo con determinati tipi di persone. Il genere umano è un po' come i lego: ognuno è complementare solo con certi pezzi). Questo cambiamento non è poi così male, dicevo, nella misura in cui mi permetterà finalmente di tutelare me stessa, cosa che ho capito solo arrivata a 21 anni ma meglio tardi che mai. Non è così male nella misura in cui mi sta permettendo di costruirmi un'armatura di indifferenza  verso il "troppo e troppo", verso situazioni che sfociano in doveri inesistenti che non mi riguardano più da un certo limite in poi. Non è così male nella misura in cui mi concede il diritto sacrosanto (fino ad ora per me un lusso) di non farmi affossare dagli altri e da responsabilità che non competono alla mia persona, checchè ne possano dire gli stessi "altri". La settimana scorsa è venuto a cena a casa nostra mio zio ed è saltato fuori il discorso sul mio futuro lavoro parlando di una sua collega medico, per la precisione una psichiatra. "Non ti invidio proprio", mi ha detto. "L'unica soluzione nella tua futura professione è diventare cinici, altrimenti verrai distrutta dagli altri". "Ricordati che stai canalizzando una tua passione per guadagnarti da vivere". Seppure io non condivida completamente i suoi valori o i suoi modi di pensare, devo ammettere che in questo caso aveva ragione. Una persona come me, sempre abituata a crearsi sensi di colpa ridondanti ed inesistenti, in questo lavoro avrebbe la peggio e si farebbe sopraffare dai suoi pazienti. Così come mi sono fatta sopraffare dalla colpa in certe (molte) situazioni della mia vita. Ma adesso le cose stanno cambiando. Adesso le mie squame sono più impermeabili e tutto mi scivola addosso come gocce d'acqua sul metallo. Adesso inizio ad essere più lucida e a discernere quelle che sono le mie responsabilità in ciascuna situazione specifica, da quella che è pazzia ed autodistruzione. Adesso basta.

Le persone di cui circondarmi, le scelgo solo ed esclusivamente io.

Le persone che ho intenzione di sostenere le scelgo io.

I criteri sulla base dei quali circondarmi delle suddette persone li scelgo ancora e solo io.

I criteri in base ai quali reputo giusto sosterene le persone che scelgo e fino a che punto sia mio dovere sostenerle li decido sempre io.

I suddetti criteri non sono oggetto di discussione da parte di chicchessia, tranne che dalla sottoscritta. Nessuno deve anche solo osare metterli in discussione, poichè le mie ragioni le conosco solo ed esclusivamente io e non è mai stata una colpa avere delle preferenze, anche perchè altrimenti saremmo amici e sostenitori dell'intera umanità e il concetto stesso di amicizia perderebbe il suo valore.


Sic stantibus rebus (per citare la mia prof. di italiano del liceo - si, voglio fare la figa per rendervi partecipi del fatto che una volta conoscevo il latino), ci tengo a precisare che io farò la terapeuta di professione, ciò implica che nell'ambito privato oltre che professionale non sarò costretta a sentirmi in dovere di farmi scassare la minchia 24 ore su 24 da chiunque, perchè io ho anche una vita da vivere. Quando, come e quanto diventare confidente e sostenitrice di persone a me care lo decido io sulla base dei famosi criteri, che non sono tenuta a spiegare a nessuno.

Non so come concludere, quindi vi comunico soltanto che: "That's all folks!", alla prossima.