giovedì 29 marzo 2012

Credo che potrei esplodere da un momento all'altro per la felicità.

Si può morire di troppa vita?

giovedì 22 marzo 2012

Stasera rivedevo le foto profilo di G., quella che un tempo potevo considerare a tutti gli effetti la mia migliore amica. Sfogliavo l'album a ritroso e vedevo tutti i miei commenti nel giro di questi ultimi tre anni, e abbinavo a ciascuna foto, a ciascuna data, la sensazione particolare di un ricordo ben preciso, di un periodo della sua e quindi anche della mia vita.
Ho pensato a quello che ci è rimasto oggi.
A mala pena un caffè quando torno a casa per le vacanze, una volta ogni due o tre mesi, forse, per due o tre ore al massimo.
Due o tre ore ogni due o tre mesi.
Messaggi nemmeno ce ne mandiamo più.
A dispetto di tutte le promesse di appena un anno fa.
E non che io non ti pensi o non ti voglia più bene. E' solo che da mesi a questa parte ti ho sentita lontana, sempre più lontana. Nemmeno ti sei ricordata del mio compleanno, per la prima volta in 8 anni. Io lo so che è stata colpa di quel dannato lavoro. Ma cazzo se mi manca la G. che eri un tempo, quello che eravamo noi due un tempo. Mi mancano le risate tra i banchi dell'università, mi manca persino l'esaurimento per Bertolo, due estati fa. Ricordo che continuavo a scriverti in bacheca nomi di disturbi su disturbi, e che ci mettevamo a fare le gare a chi si ricordava meglio i nomi di tutti quei farmaci astrusi, quei cazzo di antipsicotici. E il lavoro di squadra per Rosita. E tu che mi consigliavi di ascoltare gli HIM e i (è mezz'ora che cerco di pensarci ma non ricordo più il nome della band ma cominciava con la R, credo, e la cantante era bionda). Quando mi ascoltavi piangere al telefono per M. o mi dicevi che ero stata una stronza con lui, con quei tuoi modi schietti e anche un po' bruschi ma che comunque non cambierei mai. Eri una delle persone più leali che avessi mai conosciuto. Avrei voluto che continuassimo a camminare ancora insieme. Non sei andata via, questo è vero, la tua è una presenza ancora costante nella mia vita, ma troppo poco intensa ormai.

E adesso, ripensando a tutto questo, mi è venuto in mente che forse i rapporti con le persone non sono altro che parabole. Forse è così che deve andare sempre. Quando si tocca un picco massimo, poi non si può far altro che scendere, in picchiata o dolcemente, fino a che la curva non si stabilizza e tende piattamente verso l'infinito, così come è nata dal niente. Con la differenza, però, che dietro di sé ha lasciato una scia, una traccia, una storia, che non si può cancellare né ignorare.

E' probabile che nessuno riesca a rimanere per sempre, in effetti.

martedì 20 marzo 2012

Home, sweet home


Questa qui è casa mia. La foto è stata scattata a Luglio dell'anno scorso da un ragazzo che conosco, secondo me con un talento innato per la fotografia (che poi con me sia stato un grandissimo stronzo è secondario, perché purtroppo, per me rimane pur sempre un bravo fotografo).  



Mi manca.
Il mare, intendo. Mi manca da morire.
Mi manca quel suo odore acre, pungente, che si respira nella brezza delle sere di Giugno lungo il porto, mentre passeggi sul molo e vedi gli innamorati seduti sul muretto a stringersi promesse mute che non manterranno mai.
Mi manca il suono della risacca. Quel suono lento e cadenzato che ti infonde una tranquillità estrema, quasi come fosse una nenia, con quel suo ritmo regolare, come per dirti che non devi preoccuparti, perché il mare si ritira, si, ma poi torna sempre indietro a baciare la riva, e lo potrai trovare sempre lì per te.
Mi manca la limpidezza delle sue acque d'inverno, quando è sempre più bello che in qualsiasi altra stagione dell'anno, perché è solitario e silenzioso e si può ammirare meglio la sua vastità.
Mi manca poter osservare l'orizzonte sgombro, quella linea sporca di confine tra cielo e terra che mi aiuta a perdermi sempre un po', come vorrei.
Mi mancano soprattutto i tramonti sul mare, che credo siano tra le meraviglie più preziose che il Mondo ci abbia mai donato. Mi manca quell'oro sull'acqua e la malinconia degli ultimi pescatori che rientrano traballando nel porto con le loro barche malconce prima che cali il buio della notte, con un misero bottino in tasca, le mani sporche e il sorriso di chi si accontenta con poco e vive di passione.

Penso che non potrei mai veramente invecchiare senza questo.
Mai.

sabato 17 marzo 2012

Perché la gioia come il dolore si deve conservare, si deve trasformare.





E’ solo un uomo quello di cui parlo
del suo interno come del suo intorno
di quando scivola su se stesso
di quando scrive come adesso
sulle sue guance il vento fresco
della vetta della conquista
sotto le unghie ha la terra
di quando striscia.

Le sue serate, le sue ferite,
le donne amate e poi dimenticate
dell’ambizione, della speranza
le ragnatele della sua stanza,
di quando ha paura di morire
e un orgasmo lo fa tremare
quando la vita non è poi così come appare.

E’ solo un uomo quello di cui parlo,
quando inciampa nella sua ombra,
quando cammina sull’acqua e non affonda.
E’ solo un uomo quello di cui canto,
di quando sbaglia e non si perdona
il furore e il disincanto
di quell’universo a forma di persona.

Parlo di quando spara a suo fratello
o si inginocchia a un portafoglio
quando osserva l’infinito attraverso il suo ombelico
di quando sventola una bandiera
o ci si nasconde dietro per paura,
una menzogna è più cattiva nascosta dentro una preghiera.

E’ solo un uomo quello di cui parlo,
di una doccia dopo il tradimento,
del sorriso che ritorna dopo che ha pianto.

E’ solo un uomo quello di cui scrivo
la notte prima di un lungo viaggio
quando non sa se poi partire sia solo partire
o magari scappare.

E’ solo un uomo quello che mi commuove
che vorrei uccidere e salvare,
amare e abbandonare.

E’ solo un uomo ma lo voglio raccontare
perchè la gioia come il dolore
si deve conservare,
si deve trasformare. 

martedì 13 marzo 2012

Se potessi, prenderei un po' di vita dalle mie vene e te la trasferirei con una siringa.
Se potessi, mi prenderei un po' del tuo veleno se servisse a farti stare meglio. Non mi importerebbe niente di intossicarmi. Quel veleno non mi ucciderebbe mai, mi renderebbe solo più forte. Mi creerei degli anticorpi per tante cose che non conosco e che mi permetterebbero di riuscire a vedere almeno un po' di quello che vedi tu, di sentire quello che senti tu, per poterti raggiungere, per poterti finalmente sfiorare.
Non morire.

Per te.

domenica 11 marzo 2012

Ho un gran casino in testa, e sento che la sua morsa mi soffoca, mi stringe attorno al collo, attorno al cervello, e io non respiro.

La verità è che, anche io, come ogni altro essere umano, ho le mie ombre, ma la verità ancora più vera è che io sprono gli altri ad accettare le proprie perché, io per prima, non ho il coraggio di farlo, e vorrei che almeno loro avessero quella serenità che io in fondo non ho, e che non so concedermi.


Avrei così tanto bisogno di qualcuno che mi riempia, che mi stringa forte, che mi culli e mi tenga salda, che riversi tutto il suo calore dentro di me per farmi restare intera, un calore che mi fissi come una colata di cemento, ma ho una paura folle di me stessa, di radere al suolo tutto quello che sfioro con questa fame disperata, di prosciugare le energie di qualsiasi cosa mi circondi e mi capiti a tiro con il mio egoismo smodato. Perciò rimango ferma, impassibile, mentre tutti mangiano dal loro piatto. Io guardo il mio e mi dico che non ho fame, non lo metto a fuoco e fingo che non esista davanti a me, fingo che non ci sia niente dentro, mentre il mio stomaco implora pietà ma io lo zittisco. E resisto.

sabato 10 marzo 2012


"Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci più a nostro agio?"

"Non lo so, è un'ottima domanda."

"E' solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale. Quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento, e condividere il silenzio in santa pace."


giovedì 8 marzo 2012

Sono semi ubriaca. E questO POST NON AVRà SENSO. hO DECISO DI LASCIARE CHE SI SCRIVA DA SOLO. E' un esperimento i realtà.  La punteggiatura non esisterà. Esisteranno solo concetti. Lacasiate scate le parole. C'è un ragazzo che mi piace un casino ma non posso dirglielo. Sono in condizioni pietose. Mi semi-reggo in piedo.Però è bello passare tutta amsera a ballare saltare, parlare in inglese co uno sconosciuto ed essere spensierata. E bello passare gran parte della serata a parlare con un ragazzo in messo al casino senza quasi nemmeno sFIORARLO. e Fre discorsi itelligenti, non le solite puttanate che si dicono per rimorchiare. E' bello che alla fine, quando stai per andartene, lui di tidca "Hai degli occhi bellissimi cazzo", ANCHR QUANDO SONO SEMI SPENTI DALL'ALCOL. Non baderò agli errori in aueto èost, non verranno corrwtti volutamnte. Non so se lo pubblicherò ma ok. Domani ho lezione LLE 10 E MEZZA E VORREI ANDARCI, MA ON SO SE RIUSCIRò A SVEGLIARMI IN TEMPO.  mI è PI<aciuto abbracciare V. . Non tanto perché non mi reggessi in piedi e avcesi bisogno sel sueo appoggio, quanto per farlgi capire che mi dispiace un casino che sua madre sia morta  e che vorrei stargli vicino e stringerlo forte, vforrei abbracciaro per fagli capire che otrei volergli molto bene, perché è una persona gentile e generosaò. Non si caposce niente. E per altro ho fatto una figura di merda stabdo abbracciata al cesso davanti a ttutti con l'intenzioni divomitare, cosa che po i non ho fatto. Ma non importa. Adesso tenterò di struccarmi e di andare a dormire. Spero di svegliarmi in tempo domano. Erano secoli che non mi riducevo così. Non pubblicherò mai queto scempio.

EDIT: sono le ore 14.06 e mi sono svegliata da mezz'ora circa. Naturalmente non sono andata a lezione. Non ho avuto la forza di struccarmi ieri sera ma, misteriosamente, la pazienza di ripiegare diligentemente tutti i miei vestiti e metterli nell'armadio si, salvo poi ricordarmi nel dormiveglia che erano fradici di Rum e Cola. Credo che dedicherò questo post alla bellezza, perché stamattina pensandoci mi è venuto in mente questo.

P.s. ascoltare a palla Kyuss, Verdena, QOTSA e APC la mattina nel letto dopo una sbronza potente è una vera goduria. Il prossimo step sarà ascoltarli durante.

lunedì 5 marzo 2012



Stasera riascoltandola mi è venuta in mente quella sera di Maggio in cui mi hai rivelato il suo titolo. La conoscevo ma naturalmente lo ignoravo. Ricordo che quando ad un certo punto lui dice "Find a girl, settle down", pensavo che avrei voluto che quella ragazza fossi tu. Che fossi tu, per la vita. Mi parlavi della tua chitarra acustica e io ti dicevo che avrei voluto tanto imparare a suonarla ma che da autodidatta non ci sono mai riuscita. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto se me lo avessi insegnato tu. Mi sarebbe piaciuto se mi avessi insegnato molte cose, in realtà, nonostante tu me ne abbia insegnate tante senza nemmeno rendertene conto, tante cose che ho paura di aver perso o, quel che è peggio, che forse ho perso per davvero. Perciò, adesso farò un elenco di quello che mi hai lasciato, o meglio, di quello che mi ricordo tra le cose che mi hai lasciato, in modo che almeno queste io possa salvarle:

1) "pleonastico", in uno dei nostri primi messaggi, mentre ti parlavo dell'esperimento di Pavlov e ingaggiavamo la nostra prima discussione "Medicina vs. Psicologia", Luglio 2009;
2) "impertusare", nella tua macchina mentre giravamo per il centro di Bari, Marzo del 2010. Credo stessi facendo una curva mentre lo dicevi;
3) "dileggiare", in una delle nostre innumerevoli chiacchierate ma non ricordo precisamente quando;
4) la sagacia e le istruzioni per l'uso dello humor acido;
5) la malinconia;
6) il sapore dolce delle notti passate a parlare e delle attese.

Ora non mi viene altro in mente, anche se lo so che c'è stato molto, ma molto di più. Penso di stare perdendo tutto progressivamente, come in quelle malattie degenerative del cervello, e non posso farci niente, posso solo aspettare che accada l'inevitabile, attendere immobile l'azzeramento totale.

Ho bisogno di qualcuno che ricominci a nutrirmi, ne ho bisogno davvero.

venerdì 2 marzo 2012

Polvere

Stasera, a fine serata, mi sono fermata a parlare in macchina con S. . Avevo percepito che qualcosa in lui non andava, al di là delle apparenze, delle sue parole e della sua caratteristica giovialità di facciata quando è in compagnia, perché ormai, dopo più di 8 anni, credo di conoscerlo almeno un po'. Il quadro che mi si è prospettato davanti una volta rimasti soli è stato per me a dir poco agghiacciante. Non l'avevo mai visto così demotivato, rassegnato e distruttivamente realista come oggi. Siamo sempre state due persone molto diverse sotto alcuni aspetti. Lui è sempre stato caratterizzato da un realismo che per me rasentava la rassegnazione alla vita, che la spogliava di qualsiasi sapore, colore, sfumatura. Io, invece, sono sempre stata un'idealista che forse, devo ammettere, rasentava (e rasenta ancora adesso) l'ingenuità. Ho sempre vissuto nel mio mondo utopico fatto di idee, progetti e buoni propositi che non avrei mai e poi mai potuto concepire diversi da come io li avessi immaginati.

Ecco, oggi mi sono sentita una completa stupida di fronte a lui e ai suoi discorsi spietati sulla vita, sul futuro, alla sua ondata di realismo pessimista, che mi ha travolta come uno schiaffo in pieno viso. Mi sono sentita soltanto una bambina ingenua che sogna nel suo mondo delle favole dal quale poi si sveglierà troppo tardi per essere preparata al mondo vero, che pensa continuamente che andrà tutto per il meglio ma a cui poi la vita farà le scarpe. Mi sono chiesta davvero cosa ne sarà di me, se davvero riuscirò a realizzare il mio sogno oppure se questi non saranno solo anni buttati al vento per un traguardo che non troverò mai perché nemmeno esiste, se i miei sacrifici di ora, ma soprattutto quelli che i miei genitori stanno facendo per me, per garantirmi un futuro migliore, varranno sul serio a qualcosa domani; mi sono chiesta come sarò a trent'anni e mi sono risposta che molto probabilmente sarò una "bambocciona" (come ha detto lui) che peserà ancora sulle spalle dei propri genitori perché il suo traballante percorso di studi non si sarà ancora concluso, senza la sicurezza che poi quegli anni di giovinezza sacrificati alla mia vocazione si concludano poi degnamente con un lavoro stabile e gratificante. Mi sono detta, forse per la prima volta, che molto probabilmente non potrò diventare madre prima dei 35 anni, o forse anche più; mi sono chiesta se riuscirò mai a trovare un uomo che abbia il coraggio e la pazienza di aspettarmi durante questo lungo cammino, di rimanermi comunque accanto, di comprendere il mio amore per ciò che studio e non mettermi di fronte ad un bivio, e mi sono vista sola, completamente votata al mio lavoro, con l'abnegazione e l'entusiasmo che so mettere in tutte le cose che mi piacciono ma priva del calore dell'amore di un altro essere umano, con il deserto intorno, come per una specie di maledizione. Oramai, sono sempre più convinta che la mia sia davvero una maledizione. La maledizione dell'istinto al sacrificio per le mie passioni, che però mi sono costate e mi costeranno sempre carissime. La maledizione della rinuncia ad una grossa fetta di me che possa darmi vita perché io possa dire che sia valsa la pena averla vissuta. Io credo che, in fondo, la mia vita non riuscirò mai a viverla davvero, che la mia tendenza a boicottarmi e a privarmi di tutto ciò che possa rendermi felice sia uno dei nuclei costitutivi del mio essere, che per questo motivo non potrò mai estirpare del tutto da me stessa.

In realtà, io so di non avere scelta. Di non avere scelta  nel decidere di sacrificare tutto per questa passione bruciante che sento per la psicologia, di annullarmi per realizzare unicamente quella parte di me rinunciando a molte altre cose che rendono umano un uomo. Non ho scelta, la mia strada è quella e devo percorrerla con la consapevolezza che, dietro di me, potrei anche lasciare solo nuvole vuote di polvere, e niente più.