giovedì 29 aprile 2010

Catene spezzate

E' incredibile quanto sia cambiata nel giro di qualche mese. Oppure ero già cambiata e me ne sto accorgendo piano solo ora. Io, quella ragazza sempre studiosa e diligente (da tradurre con "secchiona incallita"), che da un po' di tempo me ne frego dell'Università. Io, quella disincantata fanciulla alla ricerca perenne dell'amore vero e puro (da tradurre con "ingenua idiota"), che decido volontariamente di evitare di legarmi da adesso fino ad un'età in cui potrò ragionevolmente considerarmi una "donna da marito" (traducasi "all'incirca 30 anni") e proprio non ci sarà più niente da fare, che o mi accaso o divento una vecchia zitella raggrinzita e cellulitica che va in giro a distrubuire gratuitamente a tutti frasi con lo stesso ph di una provetta di acido muriatico. E' che credo che gli eventi di questi ultimi mesi mi abbiano così segnata nel profondo da lasciarmi una cicatrice che adesso brucia troppo e io non la sopporto. Mi sto ribellando alle mie stesse idee, quelle che avevo generato prima di sapere di che cazzo stessi parlando. Perché così era. Perché quando avevo 16 anni e sognavo il principe azzurro non sapevo ancora che la vita può diventare tutto, tranne che una favola. Perchè quando avevo 16 anni e cercavo il principe azzurro non sapevo che nulla è per sempre, che alla fine tutto si rompe, tutto si sgretola. Anche le pareti portanti su cui facevi gravare tutto il tuo peso, che "Tanto non crolla". Anche la pietra d'angolo, presso cui ti accucciavi per rimanere integro durante un terremoto. Tutto. Non ho più punti fermi e onestamente, ora come ora, non voglio averne. Il mio unico punto fermo voglio essere io, per ora. Non so esattamente cosa mi sia successo ultimamente, ma è successo. Io ho bisogno di ricostruirmi prima di poter costruire qualcosa con qualcun altro. Ho bisogno di ritrovare me stessa dentro quest'anima, ho bisogno di trovare quella che voglio essere per poi partorirmi, nutrirmi, crescere sana e forte, lasciare il nido e, scoprendo il mondo con le mie gambe, innamorarmi di me quanto basta per condurre una vita dignitosa, delle relazioni dignitose, ripspettando me prima ancora degli altri. Perché io non mi rispetto, questo è il mio male peggiore. Ho bisogno di vivere le esperienze che in adolescenza non ho avuto la possibilità di vivere. Ho bisogno solo di farmi di vita, tutto qua. Quando poi morirò per overdose allora potrò rinascere, completamente sazia e disintossicata, casta, pulita e pronta a rimettermi le catene ai polsi e alle caviglie. Ma ora no. Ora basta. Le catene, io, le voglio rompere. E urlando pure.

lunedì 19 aprile 2010

Datemi un motivo per non sentirmi una vuota perditempo che non riesce a realizzare quello in cui dice di credere.

Datemi un motivo per non pensare che non valgo niente. O meglio, che non valgo più niente e che ormai praticamente tutti sono meglio di me, anche coloro i quali sembravano essere destinati a fallimento certo.

Datemi un motivo per non chiudere questo blog, nel quale non mi sento più a casa e sul quale non riesco più a scrivere.

Santa miseria, Anastasia! Svegliati! Dove cazzo sei finita? Dai un senso a questa tua stramaledetta esistenza!

domenica 11 aprile 2010

Post senza senso

Avevo voglia di scrivere, non so precisamente cosa. Cioè si in realtà lo so ma mi sento un'idiota, allora scriverò cose senza senso in un post senza senso con una canzone senza senso sotto, così, per il gusto di vomitarvi addosso i miei pensieri senza una forma, senza un motivo, senza un colore preciso. Farò un miscuglio, senza aspettare di sbrogliare i miei nodi. A volte si può dipingere anche il caos, perchè il caos non è sempre un insieme indistinto di immagini, o meglio, il caos non è solo questo. Il caos è esso stesso un'immagine, con una sua dignità e con una sua forma informe, con un suo colore indefinito. Chi l'ha detto che le cose esistenti debbano essere per forza definite? Esiste anche l'indefinito, che noi vediamo solo quando si definisce, ma non è detto che prima che noi lo vediamo non esista. Quello che sto dicendo mi ricorda un po' la filosofia dei primi pensatori greci. Mi ha sempre affascinato l'immagine dell'Apeiron di Anassimandro. Questo caos indefinito, genitore di ogni cosa, la quale, definendosi, sanciva l'inizio della propria esistenza su questa Terra (e sottolineo, su questa Terra) e la consumava fino all'osso per poi ritornare, morendo, al caos generatore. Ma qualsiasi cosa, che fosse un pesce piuttosto che un essere umano o un filo d'erba, in quel caos esisteva comunque, in potenza, si, ma esisteva. E semplicemente perchè era il caos stesso ad esistere. Il caos era la garanzia che un giorno, quel potenziale filo d'erba sarebbe nato, avrebbe vissuto la sua esistenza da semplice filo d'erba e poi si sarebbe seccato o sarebbe stato mangiato da una capra, la quale, una volta morta, sarebbe ritornata al caos ed il filo con lei (sempre se la capra fosse morta di cause naturali, perché se la uccidevano per farsela al forno allora è tutto un altro discorso: la capra, col filo d'erba nello stomaco, sarebbe andata a finire a sua volta nello stomaco di un essere umano insieme alle patatine al forno e quindi capra e filo d'erba sarebbero ritornati al caos una volta crepato il tizio che se li era mangiati. Ma aspetta...e se il tizio in questione fosse stato ucciso? No, sarebbe stata la stessa cosa. E aspetta, aspetta...se fosse stato mangiato? Mangiato?!? Beh, si in effetti i cannibali esistono... . Vabè, la smetto che se no vado avanti all'infinito, tanto avete capito come funziona). Ok, è un esempio idiota ma era solo per rendere l'idea (credo). Non so nemmeno come sia arrivata a questo punto, a scrivere quello che sto scrivendo ora, ve lo giuro che non lo so perché, le mie intenzioni iniziali erano tutt'altro. Ma forse questo è il vero senso di questo post, seguire il flusso dei miei pensieri che per esempio ora mi dicono (mi assillano, per la verità) di sottolineare il fatto che per me il caos è vita, il caos è fecondo e che senza di esso non potrebbe esserci nulla di definito, nulla di ordinato. Un po' come diceva Eraclito, se non erro: se non esiste il Male come facciamo a capire cosa sia il Bene? Gli opposti sono necessari per la definizione di se stessi. Adesso però non mi ricordo più nemmeno dove volessi andare a parare con questo discorso, forse volevo solo dire che se il caos esiste allora dovrà pur avere un suo ruolo e che seppure esso possa sembrare un'accozzaglia senza senso è la fonte più preziosa cui un uomo possa attingere per partorire i più meravigliosi pensieri (no, adesso non me ne vado alla Maieutica socratica, state tranquilli). In tutto ciò, però, ora  continuo a pormi la stessa domanda che mi assilla da meno di un giorno (il nesso con quanto scritto trovatevelo voi, siate lettori partecipativi, non posso mica fare tutto io, no?): mi piace leggere (quando riesco ormai, anzi, sento di stare impoverendomi mentalmente in una maniera oscena) e scrivere ma non posso definirmi una scrittrice o una con le doti per criticare letteratura, affatto. Mi piace ascoltare la musica, non potrei farne a meno a causa della mia natura di sognatrice ad occhi aperti, ma non posso definirmi un'intenditrice, affatto, men che meno una musicista (5 anni di pianoforte studiato controvoglia non fanno certo di me una musicista, semmai una musicista fallita). Mi piace anche canticchiare, ho una voce non troppo sgradevole, sono intonata e ho un buon senso del ritmo, ma non oso nemmeno lontanamente definirmi una cantante (ci mancherebbe!). Ho delle vaghe reminiscenze dei pensieri di filosofi studiati al liceo, alcuni dei quali mi sono rimasti impressi più di altri solo perchè mi piacevano di più, ma non mi sento nemmeno minimamente in grado di poter discutere seriamente di filosofia, addirittura con un addetto ai lavori, poi! Non me ne intendo di arte, l'ho studiata malissimo al liceo avendo un caprone al posto di un professore. Non ho mai letto un manga e non me ne intendo di cultura orientale, né di fumetti in generale. Allora la domanda mi sorge spontanea:

ma io che razza di cosa sono?

E soprattutto:

che terreno comune di discussione posso coltivare con gli altri se so tutto e niente? Come faccio ad individuare le affinità? E possono esistere, per me, le affinità con qualcuno? Sulla base di cosa potrei essere apprezzata se sono così indefinita? Sento tutto così vacuo e fragile, traballante.

Domanda numero due:

ci si può fidare degli uomini a questo mondo?

Alla prossima.

Ho imparato a sognare,
che non ero bambino
che non ero neanche un' età
Quando un giorno di scuola
mi durava una vita
e il mio mondo finiva un po' là
Tra quel prete palloso
che ci dava da fare
e il pallone che andava
come fosse a motore
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Ho imparato a sognare
e ho iniziato a sperare
che chi c'ha da avere avrà
ho imparato a sognare
quando un sogno è un cannone,
che se sogni
ne ammazzi metà
Quando inizi a capire
che sei solo e in mutande
quando inizi a capire
che tutto è più grande
C' era chi era incapace a sognare
e chi sognava già

Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

Ho imparato a sognare,
quando inizi a scoprire
che ogni sogno
ti porta più in là
cavalcando aquiloni,
oltre muri e confini
ho imparato a sognare da là
Quando tutte le scuse,
per giocare son buone
quando tutta la vita
è una bella canzone
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già

Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

 


Avrei voluto mettere il video della canzone, ma splider ha ulteriormentee cambiato le impostazioni ed è notorio che io e la tecnologia conviviamo a stento.

P.s. ho deciso di far dipingere la mia camera d'azzurro e d'arancio, a pareti alterne. Casa mia sembra un cantiere e soprattutto, da oggi dormo con mio fratello in salotto, sembriamo dei prufughi con i letti davanti ai divani: per la prima volta in 16 anni dormiremo nella stessa stanza (cazzo, sedici anni se-di-ci).


mercoledì 7 aprile 2010

Donna in un corpo di bambina

Odio fare shopping. Tutte le ragazze della Terra amano fare shopping, meno che me. Si, lo so che non sono una ragazza normale, ma è più forte di me. Non sopporto andare per negozi essenzialmente perchè trovo estremamente fastidioso svestirmi e rivestirmi in continuazione in un camerino dove a lungo andare finisci per costruire una traballante Torre di Pisa di vestiti sullo sgabello (perchè c'è sempre uno sgabello nei camerini), che a dispetto dell'originale, ad un certo punto, crolla sistematicamente. E ti ritrovi a tentare di individuare la linea di confine tra i leggins indossati due secondi prima e quel maxi pool provato un'ora addietro (ti faceva sembrare proprio una vacca gravida, tra l'altro!), che nel frattempo hanno deciso di copulare allegramente incastrandosi ad arte (si, i vestiti hanno una vita propria). Il caos regna sovrano e con esso il giramento di bolas (di cui in realtà, purtroppo o per fortuna, il genere femminile non è dotato). In seguito, il mio scarso interesse per lo shopping è dovuto al fatto che la sottoscritta non è una maniaca ossessivo-compulsiva degli abbinamenti di precisione né dell'abbigliamento d'ultimo grido, sicchè, potrebbe scegliere di andare in giro anche con un saio se decretasse che le sta bene addosso; inoltre, a causa della sua proverbiale pigrizia, delegherebbe molto volentieri qualcuno che le andasse a comprare dei vestiti decenti e dignitosi al posto suo.

Ok, ho enumerato solo i motivi più immediati e banali per i quali detesto andare a fare compere, ma la realtà è che oltre a questo, odio profondamente dover fare i conti con gli specchi dei camerini. Anche in periodo di saldi, quelli, di sconti, non ne fanno. Odio dovermi confrontare con la triste realtà della non totale accettazione del mio corpo. Odio essere costretta a guardare i miei fianchi, troppo generosi e troppo morbidi per la mia statura, il mio ventre non completamente piatto, le mie gambe che non sono toniche come le vorrei e odio dover accettare l'idea che i timidi segni dei tipici inestetismi femminili siano venuti a bussare anche alla mia porta. Non lo sopporto proprio e non so fino a quanto sia in mio potere migliorarmi. Mi osservo e tutto ciò che riesco a vedere è un corpo di donna, fatto e finito, sulla statura di una bambina. E' questo che mi rende più infelice: il mio corpo è un triste ossimoro. E io non posso farci niente. Mi sento una sorta di mostro, un fenomeno da baraccone, ogni volta che quegli specchi mi restituiscono la mia immagine. Mi sento come compressa, inespressa e sento bruciare in me il desiderio di far esplodere quei fianchi, quelle gambe, quei seni, in un altro corpo, diverso dal mio. Ora come ora non avrei mai la forza di volontà di arrivare in basso come quasi quattro anni fa e nemmeno dovrebbe sfiorarmi l'idea di farmi nuovamente del male come me ne feci allora. Non devo arrivare fino a quel punto. Devo solo ritrovare quella volontà ferrea, senza sfociare in troppe privazioni, usarla con più giudizio, fermarmi prima, in tempo, al momento giusto, e mantenermi in equilibrio il più possibile.