domenica 28 novembre 2010

A breath of life

In questi due giorni mi ero ripromessa che avrei scritto. C'erano momenti in cui l'ispirazione mi fulminava ma per un motivo o per l'altro ero impossibilitata a dedicare del tempo a questo blog.

Ecco, potrei proprio incominciare dalla parola "tempo" per agganciare il discorso. Da ora in poi, ne avrò molto poco, temo. Dopo un lungo travaglio di un mese, tra crisi, ripensamenti, prospettive di arrabattamenti alla bell'e meglio, finalmente sono in tesi. Finalmente ho un cammino da seguire, con 10 chili di angoscia in meno. Ho preso un impegno e fino a gennaio dovrò ammazzarmi di lavoro di sbobinatura di interviste. La cosa è più complicata e noiosa di quanto avessi pensato ma oramai non posso certo tirarmi indietro e dovrò farlo rispettando i tempi che mi sono stati imposti dai grandi capi (Prof e assistenti vari). Ho consciamente accettato di farmi praticamente schiavizzare per loro interessi di ricerca perchè:

1) in primis, se non avessi colto l'occasione al volo e chiesto la tesi proprio in questa materia e proprio adesso chissà quando e a chi avrei potuto chiederla, data la moria generale (e a questo proposito, ringrazio sentitamente la Gelmini che si è premurata di incentivare così tanto amorevolmente i ricercatori a continuare nell'insegnamento) e considerato che farei prima a prenotare un appuntamento con Obama piuttosto che con uno dei miei professori (sempre così diligenti nel farsi trovare nei loro studi durante gli orari di ricevimento in cui dovrebbero stare spezzati di gambe su quelle cazzo di sedie) e quindi chissà quando mi sarei laureata;

2) in secundis, perchè tutti, tutti e dico TUTTI, fondamentalmente, ti sfruttano. Non ce n'è uno che non lo faccia. Noi triennalisti siamo l'ultima ruota del carro, ergo, ci tocca fare i lavori più rognosi che nessuno farebbe mai. Allora, visto che le cose devono stare comunque così, preferisco lavorare comodamente seduta a casa mia e distribuirmi la fatica come mi pare e piace piuttosto che sbattermi a destra e a manca in una clinica a dar da mangiare agli allettati o al Policlinico a fare il cagnolino dell'assistente di qualche professore. E a dire la verità ho cominciato ad abituarmi a vestire i panni dell'impiegata italiana media, con pc davanti, occhiali, bevanda e scartoffie affianco. L'unica differenza è che io non indosso tailleurs attillati ma una vestaglia in pile formato famiglia;

3) poi, perchè la prof che dovrebbe farmi da tutor indice un solo incontro all'anno con aspiranti tesisti nella sua materia (che per inciso è Psicologia dello Sviluppo);

4) and last but not least, la materia mi è sempre piaciuta e soprattutto ho sempre amato l'argomento su cui si presume io debba fare la tesi.

Adesso, mescolate bene questi ingredienti ed otterrete una sottoscritta soddisfatta, un po' preoccupata per le scadenze e destinata ad esaurirsi nel giro di due mesi.

Oramai passo le mie giornate a programmare gli impegni di studio, ad organizzarmi sugli esami, a chiedere informazioni su crediti. Perchè non sto programmando solo quest'ultimo anno di laurea triennale. Sto programmando il mio futuro di qui a tre anni, perchè ho già scelto anche la strada da intraprendere dopo. Ho deciso di trasferirmi a Padova per la specialistica, perchè nel mio campo, in Italia, si sa, l'Università di Padova è la migliore e perchè lì c'è il piano di studi che ho sempre sognato. E' stato un classico caso di colpo di fulmine. E poi perchè oramai questa città mi sta troppo stretta, perchè oramai ho capito che il mio futuro non sarà qui. Sorrido se penso che quando ero più piccola tutto ciò che desideravo era potermi sistemare qui, potermi creare una famiglia vicina alla mia d'origine, rimanere a stretto contatto con questa, permettere ai miei figli di crescere accanto ai loro nonni, così come ho avuto la fortuna di fare io. Ma mi accorgo che è un'utopia. I tempi sono cambiati. Le cose sono cambiate. Io sono cambiata. La mia voglia di crescere e di arrivare in alto è talmente forte ora, che non posso esimermi dall'assumere un atteggiamento compassionevole nei confronti di quelli che, tra i miei compagni di un tempo, tra i miei conoscenti di vecchia data, pur avendo i mezzi per andare più lontano, aspirano mediocremente a sistemarsi in questo paesotto al più presto, pensando già a: matrimoniocasafiglidote... . Alt! No. Non ci siamo proprio. Più vado avanti e meno sento mio questo modo di pensare. Le tradizioni mi piacciono finchè non mi tarpano le ali. E io sono decisamente fatta per provare a volare. Forse sono un po' arrogante ma, onestamente, fare una vita così, reprimerebbe la mia indole ambiziosa. E poi ho capito che voglio mettermi alla prova, che voglio crescere, voglio imparare a cavarmela da sola. Non riesco più a pensare di poter rimanere ancora a casa mia per altri 2, 6, 8 (?) anni. E' chiaro che questo salto nel vuoto un po' mi spaventi ma credo sia normale e soprattutto, sospetto che mi ci abituerò in fretta, tanto che non saprò più immaginarmi diversamente.

Forse lo faccio anche per dare una brusca sferzata alla mia vita che, detto onestamente, sta andando alla deriva. Oltre ai miei piani per il futuro non c'è nient'altro. Me ne accorgo da una cosa banalissima: quando i miei amici mi chiedono come sto, quando S. mi chiede novità alludendo chiaramente al campo sentimentale, io fingo di ignorare il messaggio in codice e mi metto a parlare dell'Università, della tesi, della specialistica e mi accorgo io stessa di quanto sfiori il tasto tra il patetico, il triste ed il noioso. Se fossi negli altri forse nemmeno mi starei ad ascoltare. Ma alla fine cosa posso farci? E' così, non ho davvero nient'altro da dire. La mia vita è in verità vuota, adesso. Credo di non aver mai percepito un'aridità simile prima d'ora. Forse solo nella mia adolescenza. Ma almeno lì faceva male. Adesso invece il problema più serio è che spesso e volentieri non me ne accorgo più nemmeno io. Sono in letargo come sotto una spessa coltre di neve. E non capisco se sono gli altri a non voler entrare perchè io non li attiro abbastanza oppure se ci sono alcuni che vorrebbero ma io glielo sto impedendo. Forse sono solo un'incapace totale in questo genere di cose. Non riesco a comprendere quale strano meccanismo si sia impossessato di me. Non c'è dolore, non c'è solitudine, non c'è più niente che mi tocchi davvero. Non ci sono più io.

Cosa darei per un soffio di vita.

martedì 23 novembre 2010

Nothing really matters to me





Ok.
Volete la vera verità sulla mia vita in questo periodo?
La vera verità è che fa davvero, davvero schifo.

sabato 6 novembre 2010

Rieccomi.

Finalmente, forse, torno a scrivere di me nel mio solito stile, senza acidume, senza troppo turpiloquio, solo abbassando lo sguardo su me stessa e descrivendo quello che vedo.
Ecco, in realtà forse è meglio dire che ritorno a scrivere di me e basta.

E' un periodo strano, questo. E' da un po' che mi sento in muta ed è da un po' che provo a capire certi meccanismi che mi stanno coinvolgendo. Tanto per fare un esempio, lo so che è strano dirlo ma solo oggi, dopo anni e anni che ascolto musica rock, parlando con un amico, mi sono finalmente resa conto di quale sia, tra le correnti di quest'ultimo, il mio genere prediletto (l'alternative -o indie- e in genere tutto il filone underground, se a qualcuno interessasse saperlo). E' stato una sorta di flash, di illuminazione, non so come spiegarlo. Mentre parlavo me ne rendevo conto, tiravo le somme. E poi l'ho detto. Non ne ero sicura nemmeno io fino a quel momento.

L'ho detto e tutto si è messo al suo posto, come in un puzzle sparso su un pavimento in cui fino ad un momento prima regnava la confusione e poi riesci a capire come mettere i pezzi, ti prefiguri l'impostazione e una volta che ce l'hai in mente e sei sicuro di cosa fare, lo metti a posto in due minuti.
Ecco, è stata una cosa del genere.
L'ho detto e ora lo sono.
L'ho detto e ora finalmente posso orientarmi anche nella scoperta di nuove band.
L'ho detto e ora posso avere un punto fermo.
L'ho detto e questo farà indiscutibilmente, indelebilmente parte della mia identità e mi aiuterà a costruirmela seguendo un mio personalissimo corso, mi aiuterà a capire chi sono.

Ammetto che possa sembrare anche un'idea vagamente idiota la speranza di trovare un pertugio in te stessa a partire dalla musica che ascolti. L'idea di costruire la tua identità su quello. Ma in realtà non la costruisci solo su quello. La costruisci anche su quello. Fai un mix di tutto e poi piano piano la tua immagine inizia a diventare nitida. E quella è la tua, solo tua e di nessun altro. Quello sei tu e di te non ce ne potranno essere altri. E fortuna che non mi sono affrettata a stravolgermi come avevo pensato in questi mesi. Perchè se l'avessi fatto, sull'onda della voglia di emulare qualche mio idolo, non avrei fatto altro che coprirmi di un vestito non completamente mio.

Altro esempio.
Oggi ho fatto il cambio di stagione. Avevo ben pensato, in questi mesi, di eliminare praticamente il 100% della mia roba invernale perchè pensavo che ormai il modo di vestirmi dell'anno scorso non mi rispecchiasse affatto e, sempre in preda al mio estremismo mistico, di sostituire tutto il guardaroba con capi d'abbigliamento che di sicuro i miei troverebbero discutibili (anche se del loro parere sul mio modo di vestirmi non è che me ne freghi più di tanto, c'ho anche 21 anni e faccio il cazzo che mi pare da questo punto di vista - nei limiti della decenza, questo è ovvio). Ecco, in realtà qualcosina l'ho salvata (a dire il vero alcune cose le ho salvate solo perchè poi eliminandole mi sarei trovata costretta a girare in mutante e capite bene che con l'inverno alle porte non sarebbe stato propriamente il massimo). Perchè non è che per diventare un po' più alternativa di come sono adesso esteriormente debba necessariamente vestirmi da Mortisia Addams. Insomma, al diavolo gli stereotipi. Sono solo rappresentazioni condivise che in realtà andrebbero di volta in volta riempite con un contenuto specifico, perchè ognuno di noi è unico. Quindi io al massimo diventerò Anastasia Addams, ma rimarrò pur sempre Anastasia. Niente banali spersonalizzazioni. Non sarò una qualunque alternativa, sarò solo la me stessa alternativa, il che è diverso.

Per il resto, in questo immenso vortice di evoluzioni che mi sta travolgendo rientra anche il campo delle amicizie. Non ci sono i problemi dell'anno scorso, questo sicuramente no. Una delle cose buone che ho fatto (e che ho imparato a fare, in realtà) nel corso di quest'anno trascorso è stata proprio una pulizia radicale. L'ho detto e l'ho fatto sul serio. Ho tagliato i rami secchi e sradicato l'erbaccia e non sapete che soddisfazione guardarsi indietro e sapere di non aver lasciato niente alle spalle. Niente che non valesse la pena di accompagnarti nel tuo viaggio. Niente che non avessi affrontato a muso duro, sconfitto ed eliminato per sempre. Non sapete che bella la sensazione di vedere tutto pulito intorno a voi e poter respirare liberamente l'aria. La mia cerchia si è ristretta ma onestamente sticazzi. Mi basta e mi avanza. Certo, ho anche conosciuto nuova gente e ritrovato vecchie conoscenze ma gli intimi rimangono sempre quei pochi. Il problema adesso non è tanto più quello della discutibile lealtà di chi mi circonda (o meglio, delle persone a cui permetto di circondarmi). Il problema adesso è che a volte non mi sento in sintonia con tutti, come una volta. Con S., per esempio, ho la vaga sensazione che non sia più come prima. E' una sensazione sottile ma a volte capto di non avere più tanto da dire e da condividere con lei come facevamo prima. Certe cose, più che altro frivolezze ma pur sempre piccoli segreti, tendo a non dirgliele più. E' come se avessi capito ad un certo punto che lei non è in grado di comprendermi fino in fondo, quindi mi pare superfluo parlarle di cose che lei non capirebbe né forse avrebbe la voglia di capire (penso io). Secondo me nemmeno lei mi dice più tutto, forse perchè si sente giudicata da me perchè le ho sempre fatto notare che disapprovavo certi suoi comportamenti recenti. Oppure è solo una una mia sensazione e nemmeno a lei sta capitando più di quanto io già non sappia o non veda. Si, è probabile. Forse sono più io ad essere cambiata. E' che anche le persone che frequenta lei oltre me e che mi ritrovo a frequentare anche io delle volte, quando i miei non escono o siamo troppo pochi e ci aggreghiamo a qualche altra comitiva, beh quelle persone che frequenta e con cui si trova bene, le trovo così diverse da me e io stessa non posso fare a meno di chiedermi cosa ci faccia lì in mezzo a quella gente. A volte è come se non fosse veramente il posto in cui dovrei essere. E' come se mi sentissi separata dalla nascita dai miei simili, che io non ho mai visto ma sento che esistono. E' una sensazione simile. A volte penso che non mi ascolti nemmeno quando le parlo di certe cose, avete presente quando vi fanno una domanda per formalità ma non stanno più di tanto lì ad ascoltare la risposta? Esattamente questo. Non so, è una mia sensazione.
Le sole persone con cui senta di avere un'intesa un po' più forte sono sparite da un po', chi per un motivo, chi per l'altro, e non posso vederle né sentirle regolarmente come vorrei. Non vedo G. da due mesi, credo, e non sento Z. da due settimane circa. Forse Z. non sa nemmeno che la considero una persona preziosa, più preziosa di quanto lei non pensi. Ultimamente abbiamo legato molto ma è un po' che non la vedo su msn e non mi va di disturbarla troppo sul cellulare. Io e lei siamo molto diverse, direi opposte, per stili di vita, per il modo di concepire determinate cose. Ma io sento che c'è qualcosa che ci lega. Il nostro confrontarci ci fa spesso sorridere ma al di là di tutto noi abbiamo qualcosa che ci spinge ad essere curiose l'una dell'altra e a stare vicine, anche se non riesco ancora a capire cosa. Non siamo quegli opposti incompatibili. Siamo quel genere di opposti che si compensano l'un l'altro. Penso di non aver mai trovato una persona che mi compensasse così come lei compensa me. Mi piace averla come amica. Non è una di quelle persone che fingono di interessarsi a te solo per formalità. Se mi chiede come sto è perchè vuole saperlo davvero. E mi ascolta, fino in fondo. Al di là del suo essere apparentemente un po' brusca e distaccata, io so che c'è un'anima fragile che ha paura di essere ferita e si avvicina con cautela alle persone. Forse è per questo che non credo lei mi consideri sua amica quanto io considero mia amica lei. Non mi parla mai veramente di se stessa come faccio io di me. E per un motivo o per l'altro non possiamo frequentarci come piacerebbe a me. Non so se le manchino le nostre conversazioni. A me si. Spero riappaia presto.

Bene, ora potete andare in pace. Se siete riusciti a leggere tutto fino alla fine senza addormentarvi alle prime due righe in palio per voi ricchi premi e cotillon (ancora da stabilire).