venerdì 28 maggio 2010


Mi sento come una rosa nera affogata da spine in un deserto di persone.

 
P.s. Oggi riflettevo sul fatto che la poesia in sè non esiste. Ciò che non è catalogato come poesia potrebbe esserlo comunque e ciò che lo è potrebbe sembrare solo un ammasso insensato di parole. La poesia è in chi la guarda.

mercoledì 26 maggio 2010

Oggi ho imparato finalmente che la vita è anche una questione di culo: ce lo devi avere, sennò te lo fanno o, in casi estremi, lo dai.

Oggi ho imparato che non sempre serve affannarsi avidamente per cercare di ottenere a tutti i costi tutto ciò che vorresti, perchè va a finire che poi non ottieni nemmeno quello che non vorresti. Ottieni solo una manciata d'aria.

Oggi ho imparato che devo imparare a procrastinare di meno le cose per pura pigrizia, perché altrimenti perdo e quindi il conto lo pago io, come è anche giusto che sia.

Oggi ho imparato che non devo mai fare presente a mio padre che ho bisogno del suo studio per usufruire della stampante (o qualsivoglia oggetto che lui ritenga sia sotto la sua giurisdizione) quando torna dal lavoro, perchè troverà qualsiasi scusa per urlarmi addosso che: housatoifoglichenondovevousare
hosprecatoinchiostro
sonounapazzaisterica
mirifiutodiascoltarlomentreluimispiegacomeannullareunastampa
mipongomaleautorizzandoloacomportarsicomeunadonnamestruata.
E via dicendo.

Oggi ho imparato a sopportare che non tutto può andare come vorrei ma che questo non mi autorizza a smettere di credere in me stessa o nell'impresa in cui vorrei riuscire o a smettere di guardare le stelle. Perchè giuro che i mattoni di quel cazzo di muro io li spacco a testate.

Oggi ho imparato a sorridere serena, paziente come un leone che si acquatta nell'erba alta e aspetta il momento giusto per balzare e correre veloce dietro la sua gazzella. E se non la prende, beh, pazienza: ciò non significa che sarà destinata a digiunare per tutto il resto della sua esistenza, anche se la fame momentanea gli farà bruciore allo stomaco.

Oggi ho imparato che nella vita non contano le vesti che ti mettono gli altri indosso, conta la tua pelle, e quello che assorbe.

Oggi ho imparato a capire che sono una donna libera e che, nel rispetto della dignità altrui, io, faccio quello che più mi pare senza dover dare troppe spiegazioni, che devo difendere la mia libertà con le unghie e coi denti e che nessuno, tranne me, può mettermi le catene se non sono anch'io a volerlo.

Oggi ho imparato a rendere la mia pelle più dura, più ruvida, per far si che nulla la penetri e mi faccia male all'anima morbida che mi ritrovo.

Oggi ho imparato ad imparare.

giovedì 20 maggio 2010

Stamattina sono uscita di casa in fretta. Come al solito, ero sulla soglia del ritardo, perchè se non mi riduco all'ultimo minuto non mi sento realizzata. Avrei dovuto prendere l'autobus delle 10.15 per andare in facoltà a seguire le consuete lezioni del mercoledì che iniziano alle 11.00 e una volta tanto nella mia vita, volevo giocare d'anticipo. Divoro a passi svelti quegli scarsi 4 minuti che mi separano dalla fermata dell'autobus e la raggiungo esattamente un minuto prima dell'orario stabilito (di solito molto in teoria) per il passaggio del mezzo pubblico. Con mia grande sorpresa, è tutto deserto. "Cazzo!" penso all'istante, "Questi non sono mai puntuali e proprio oggi 'sto pulman doveva passare addirittura in anticipo?!? Ma che razza di sfiga...". Mi decido ad aspettare qualche minuto, soltanto per verificare la mia teoria, che recava delle evidenze piuttosto eloquenti, a mio parere. Dopo circa sette minuti, sconsolata, penso che è il caso di iniziare ad avviarmi verso la stazione, per prendere il treno delle 10.52, che mi avrebbe (come di consueto nel mio caso) fatto arrivare di ritardo a lezione, ma ormai mi ero già rassegnata. "Ok, altri 2 minuti e mi muovo, tanto c'è tempo per il treno". Il tempo stava cambiando: il sole era sparito e nuvole grigie si stavano addensando sopra la mia testa, foriere di un umido presagio. Odio la pioggia. Un venditore ambulante di nonsocosacavolofossero si sgolava sguaiatamente per attirare clienti all'angolo di fronte, vecchiette si affrettavano ad attraversare la strada con le buste della spesa in mano, gente che imprecava nel traffico. Insomma, la vita continuava a scorrere normalmente. La mia attenzione viene catturata da una donna alta e come sempre magrissima, familiare, che camminava sul marciapiedi dietro di me. "Maestra M.!", la mia maestra delle elementari. La saluto. Lei, felice di rivedermi, mi riconosce e scambiamo due chiacchiere. Come stai che fai dove vai, andavo in facoltà ho perso il pulman, mi sa che ti conviene prendere il treno, si stavo per avviarmi in stazione aspettavo qualche altro minuto ma tanto l'ho perso. Dopodichè mi fa un sorriso, mi stampa un bacio materno sulla fronte ed entra nella banca alle mie spalle. Inizio a prendere il cellulare dalla tasca superiore della mia borsa, affondo la mano a caso per trovare le cuffie, le attacco, sbroglio i nodi che si creano sistematicamente tra i fili intorcigliati degli auricolari e me le pianto nei timpani. Avevo voglia di "Slide" dei Goo Goo Dolls. In fondo, nonostante quel piccolo inconveniente, la giornata non mi sembrava facesse troppo schifo e avrei trovato la soluzione alternativa. Avviso G. che farò ritardo perchè ho perso l'autobus e quindi prenderò il treno poco prima dell'inizio delle lezioni. La mia maestra mi passa di nuovo di fianco e mi rinnova il saluto. "Vai in stazione", mi sorride e scompare. Erano le 10.25. Inizio a pensare di muovere i primi passi verso la stazione quando vedo, lontano, due sagome sfocate di grossi mezzi che sembravano proprio di colore blu e che sembravano proprio avere la forma di due autobus. Strabuzzo gli occhi e ricontrollo l'ora. Intorno a me ancora deserto. Le sagome si avvicinano facendosi sempre più grandi e definite. Si, erano proprio due pulman delle Sud-Est che venivano nella mia direzione. Una volta avvicinatosi abbastanza da permettermi di leggere la scritta luminosa, apprendo che il primo tra i due non era diretto alla destinazione desiderata. "Che palle, vuoi vedere che sono tutti pulman per quei paesini sperduti nel nulla o al massimo vuoti e destinati al deposito?". Quando andavo alle superiori e facevo particolarmente ritardo mi era capitato più di una volta di scorgere, ad un orario improbabile, un pulman da lontano e, dopo i primi minuti di entusiasmo, leggere il cartello "DEPOSITO" sul cruscotto. Attendo il secondo, non troppo fiduciosa, quando ad un certo punto leggo la scritta "BARI". Incredula, frugo velocemente nella borsa per trovare il portafogli dove custodivo l'abbonamento, per poterlo mostrare all'autista una volta su. Mi faccio notare, sporgendomi sulla strada e avvicinandomi alla portiera che dopo due secondi si apre davanti a me e io sono dentro. Si, sono dentro e sto andando a Bari. Sono dentro e non ho perso quel maledetto autobus, come invece avevo creduto fermamente. Non ci speravo davvero più e invece, quando stavo per abbandonare la mia postazione, eccolo spuntare ed evitarmi il ritardo. Mando un messaggio a G.: "Non l'ho perso!".

Epilogo: sono arrivata a lezione (si vabbè, con impercettibile ritardo, ma non fa testo, l'assistente non aveva ancora iniziato a spiegare), ho trovato il posto che le mie amiche mi avevano diligentemente occupato e ho preso appunti su tutto come un treno, che volevo uccidere l'assistente perchè aveva messo il turbo. E vissero tutti felici e contenti, a parte la mia mano destra.

P.s. Ringrazio G. ed S., che mi hanno fatto capire che, per qualsiasi cosa si voglia fare, per qualsiasi cosa si voglia costruire, ci vuole solo tanta pazienza e che non bisogna mai arrivare a conclusioni affrettate, perchè ciò che ci può sembrare scontato nella realtà può tramutarsi esattamente nell'opposto, esattamente in ciò che non pensavamo potesse essere. Se io oggi non avessi avuto la pazienza di aspettare, se io oggi non avessi creduto che una possibilità potesse esserci, nonostate mi sembrasse praticamente impossibile, beh, io quell'autobus lo avrei davvero perso e non lo avrei ripreso mai più, seppure ne avrei avuto la possibilità e non lo sapevo nemmeno.

giovedì 13 maggio 2010

Reality kills dreamers

E' una follia. Perchè lo sai che lo è. Perchè ci sono tutti i segnali dall'altra parte. O meglio, non ci sono segnali. E questo è di fatto un segnale. Si, l'assenza di segnali è un segnale di per se stesso. E' il segnale che stai puntando a qualcosa di più grosso di te. Si, lo so, hai promesso a G. e a U. che ti saresti fatta coraggio e avresti creduto in te stessa e infatti farai ciò che devi, ma con la completa consapevolezza che fallirai. Sii onesta e guardati in faccia. Guarda i fatti. Come potrebbe anche solo desiderare una come te? Perchè proprio te? Non ti conosce, è vero, ma pensi sul serio che ti darebbe anche solo una possibilità, sembrando così distratto? L'indifferenza è forse peggio dell'evitamento ma tu, da brava vigliacca, la preferisci. E ti imbevi di una felicità finta data da cose che non esistono e che anzi, peggio, sono vere solo nella tua testa. Perchè sei così vile e debole che hai bisogno di aggrapparti a qualsiasi cosa, che crei tu stessa persino, pur di restare a galla. Hai sempre fatto così, senza mai imparare dai tuoi errori. A cosa ti ha portato la tua fabbrica di felicità posticcia? Sempre solo dolore, delusione, ulteriore solitudine. E allora annega. Annega! Abbi il coraggio di soffocare nel mare della realtà, fatti penetrare i polmoni di verità amara fino a farti male, fino a che poi non sentirai più il dolore e potrai sopravvivere con ciò che (non) hai. Annega e lotta. Eclissati e lotta. Lotta sotto la superficie, per rimanere viva nella Tristezza e sconfiggerla. Guardala in faccia la tua nemica Umiliazione. Guardala e sfidala. Soffia, ringhia, graffia! Colpiscila con veemenza bestiale e liberati di lei! E' lei il tuo male, lo è sempre stato. Ma stavolta non puoi e non devi saltare l'ostacolo. Devi avere il coraggio di buttarti nel vuoto col dubbio che possa non esserci una rete a proteggerti. Con la consapevolezza che potresti sfracellarti le carni ma che rimmarrai sempre viva perché non ci sarà il sollievo della morte. E che dovrai ricucirti le ferite da sola. Farà male. Da morire. Ma hai il dovere di vivere e di capire fino in fondo, anche se, conoscendoti, forse fino in fondo non ci andrai mai. Si, lo so che sei stata ferita altre volte e che sono state tante, ma mi frega poco. Perché io sono spietata e non faccio sconti a nessuno. Perché mai dovrei farne a te? Chi sei tu? Non ti illudere di essere speciale, per me. Sei solo una dei tanti, esattamente come tutti coloro che hanno scalciato e sgomitato per arrivare lontano. Sappilo già da adesso. Camminerai con le tue gambe gracili, cadrai e ti sanguineranno le ginocchia. Ti rimarranno i lividi delle bastonate che gli altri esseri umani, te compresa, ti infliggeranno durante il percorso. Conserverai gelosamente le cicatrici delle ustioni come gemme d'esperienza e non potrai lavarti da ciò che ti sputeranno addosso, non subito. Dovrai imparare a sentirti anche sudicia e sporca fuori, sudicia e sporca per gli altri, senza profferire una sola parola di protesta o di smentita. Sarai consapevole di tutto ciò e seguirai il tuo percorso con onore, con lo sguardo dritto davanti a te, dritto e assente, dritto e inespressivo, dritto e vuoto, senza ascoltarli. La tua pelle si irrobustirà e muterà in armatura, ma il merito dovrà essere solo ed esclusivamente tuo, io non te ne donerò alcuna in partenza. Camminerai nuda, così come sei, così come devi essere, così come ti ho fatta per essere. Non inventarti scuse. Non indossare maschere di cinismo che non ti calzeranno mai quel viso troppo ingenuo e puerile. Tu non sei stata creata per questo, non mentirti. Nonostante ciò che avrai il dovere di compiere, non sfuggirai mai alla tua natura di sognatrice romantica e sarà proprio questo il tuo cruccio. Io ti butterò giù in qualsiasi modo ma tu sai già che continuerai a rivolgere il tuo sguardo verso i cieli tersi e immensi, come piacciono a te. E questa sarà la tua maledizione di creatura terrena. Sarai contesa tra due forze, sarai dilaniata dal Sogno e dalla Realtà, dall'Aria e dalla Terra, dalla Vita e dalla Morte e rimarrai sempre in bilico perché nessuna delle due saprà sopraffare l'altra. Impara solo a domarti. Lasciati cavalcare libera solo ogni tanto e incatenati per tutto il resto del tempo, anche se sono già consapevole che ti ribellerai e scalpiterai. Si, lo so che tutto questo è un ossimoro, ma tu stessa sei una contraddizione vivente. Sei ambivalente e non finirà mai, in te, la lotta con te stessa, tra domatore e cavallo selvaggio.

Adesso va.