sabato 24 dicembre 2011

Voglio il caos. Tollero il caos. Non è da me. Voglio sentire. Voglio ascoltarmi. Voglio il vento. Voglio che mi trascini e voglio sorridere chiudendo gli occhi e aprendo le braccia quando succederà. Voglio darmi il permesso di vivere.

Voglio. 

martedì 11 ottobre 2011

Mi viene da piangere. Mi viene da piangere per il deserto che mi accorgo stare diventando la mia vita, la mia anima, il mio cuore, la mia mente. Mi viene da piangere perché sto imparando a capire che con la genuinità o la correttezza tutto ciò che si riceve in cambio sono batoste, perché aprirsi agli altri significa inevitabilmente mostrare le proprie debolezze e rendersi vulnerabili, perché essere gentili equivale ad essere presi per idioti. Mi viene da piangere a pensare a tutti gli ostacoli che si stanno frapponendo fra me ed i miei sogni: il quantitativo di imprevisti capitatimi nel giro di quest'ultimo mese e mezzo credo di non averlo visto neanche in una vita intera ed in realtà potrei estendere il discorso a partire da giugno di quest'anno. E' che io sono davvero esausta, non sto riuscendo a concludere in serenità questo percorso di studi come avrei voluto, mentre sogno di scappare via di qui il prima possibile, perché più me ne capitano e più non vedo l'ora di concludere questo logorante rapporto di collaborazione che ho sbagliato di grosso ad instaurare ormai quasi un anno fa. Sono disgustata per il modo in cui professori ed assistenti si sentono in diritto di trattare noi tesisti, costretti a stare ai loro comodi, ai tempi (stretti) che ci impongono, alla stregua di una loro proprietà, della quale poter disporre a proprio piacimento, sapendo di avere completamente in mano il nostro futuro e di poterlo sconvolgere per un loro capriccio, come se non valesse niente. Vorrei essere via lontano, vorrei finalmente lasciarmi alle spalle i fallimenti in tutti gli altri ambiti della mia vita che non siano relativi allo studio, fallimenti direttamente proporzionali ai miei successi scolastici o universitari, che ultimamente si sono rivelati essere poi nemmeno così scontati. Vorrei finalmente trovare un essere umano che riesca ad amarmi per quella che sono, che non mi rifiuti o mi umili, lasciandomi con i pugni stretti pieni d'aria a contemplare questa solitudine oscena che ormai è diventata la mia compagna di viaggio da quasi due anni. Non voglio fare pietà a nessuno, anche se lo so che quanto sto scrivendo potrebbe sembrare patetico (ma tanto ormai qui leggo solo io), è solo che alle volte mi chiedo cosa io abbia meno degli altri e se possa cambiarlo in meglio, oppure se dovrò rassegnarmi ad accettarmi e ad accettare il fatto che potrei rimanere sola per sempre, che in questa vita non si riuscirà mai a ricevere tutto l'amore che si dona a qualcuno, perchè quel qualcuno amerà sempre di più qualchedun altro, che a sua volta amerà un'altra persona, che sia una catena senza mai fine e che in fondo tutto ciò che possediamo sia la nostra strada solitaria, che può solo sfiorare altre strade ma mai davvero inciderle. E credo anche di stare delirando, forse sarebbe meglio smettere.

mercoledì 14 settembre 2011

E nonostante tutto, la mia mente apre ancora squarci per te, che meno di tutti te lo meriteresti.

giovedì 25 agosto 2011

What's on my mind


metàtesientromercoledìdadovecominciocosascrivoriusciròafarcela
hopauradinonriuscireascriverenienteodibloccarmicomelaorganizzo
accozzoononaccozzosimapoitantoladovròcorreggereemasimapoi
perdotempoenonopossoperchèhogliesamidafinirequandocazzo
comincioastudiarenoncelafaròmaieommioddiomiesauriròdovrò
ridurmisempreall'ultimoelescadenzeperl'almalaureaentroil10sette
mbreelapreimmatricolazioneelavalutazionepreventivadeicreditien
troil16invieròtuttiidocumenticheservonoomiscorderòqualcosaepoi
socazzisenonmiammettonoperunamianegligenzadevostareattenta
elescartoffiedarichiedereinsegreteriariuscirannoadarrivarmien
troiltermineeilmodulocentodafarfirmareallaprofmadevoa
spettareanchedifarel'esamedel13ospediscoprimaelacasa
quandolavadoacercareecomedobbiamofarepertrovareun
compromessoeilsecondocapitolodellatesiquandocazzolo
dovròscriveremidarannoaltrescadenzeaiutooooooooooo!!!!!!!!!!!!




Ecco un nitido quadro della confusione che alberga nella mia mente.

sabato 20 agosto 2011

Questo è un post che ho scritto stamattina alle 6.00, prima di andare a letto, da cui l'intro. Ma ci tenevo a postarlo anche qui.

Quasi albeggia ma loro sono andati via solo da un'ora. I miei amici. Forse sto per cadere in un clichè ma ammetto che già mi mancano, chè solo dopo il loro passaggio allegro sono riuscita a rendermi conto di quanto questa casa sia vuota da una settimana. Perchè nonostante tutto, nonostante le difficoltà in questi otto lunghi anni e in tutte le stagioni della mia vita che vi si sono succedute, nonostante le incomprensioni, le forti diversità, gli allontanamenti e forse anche (lo ammetto), le mie troppe pretese, loro sono ancora qui. Ancora oggi, dopo otto anni, sono gli unici superstiti nel naufragio della mia vita. Come una possente, millenaria montagna preda delle intemperie, erosa dal vento, dalla neve, dalla pioggia, che però rimane sempre lì dov'è, fiera ed immobile, che prende sempre forme diverse ma conserva la sua sostanza. Saldi come una roccia. Si, in fondo loro per me sono come roccia, sono la mia roccia. Mi hanno vista piangere dalla gioia e dal dolore dopo una caduta e una ferita e poi rialzarmi, ammaccata ma ancora funzionante. Mi hanno vista stanca, delusa, anche da loro, arrabbiata, anche con loro, amareggiata, anche a causa loro, trionfante, superba, altezzosa, acida, esplosiva, docile, consunta, pungente, sagace, umiliata, fragile, forte. Hanno avuto tutto di me, come forse nessuno prima d'ora. Ho dato loro tutto di me, come forse non ho fatto con nessun altro prima d'ora. Conoscono ogni minimo centimetro della mia anima, e quello che non sanno, credo proprio che lo fiutino. Quando sono con loro, mi sento a casa. Non so nemmeno come spiegarlo, ma anche solo la loro presenza mi dà sicurezza. La sicurezza di stare in un nido protetto, come se quando siamo insieme intorno a noi ci fosse un'aura, come se sprigionassimo una fonte di energia che ci racchiude e ci rende inaccessibili a tutto il resto del mondo, dove possiamo stare veramente solo noi, dove possiamo capirci veramente solo noi. Loro sono la mia base sicura, sono coloro sui quali vorrei poter contare sempre, anche se so che potrebbe non essere sempre così. Magari non abbiamo nemmeno grosse affinità, ma abbiamo la nostra storia a tenerci legati. Vorrei che tra noi non cambiasse mai. Vorrei siano al mio fianco quando raggiungerò tutti i miei più importanti traguardi, vorrei poterli condividere sempre con loro. Vorrei poter invecchiare ridendo con loro di ciò che è stato e fantasticando sempre su ciò che sarà. Vorrei ci fosse sempre, sempre profondità. Sempre la luce della speranza nei nostri occhi.

Gli amici sono come un fidanzato storico, col quale magari a volte subentra l'abitudine e che senti l'esigenza di tradire di tanto in tanto con una scappatella, quanto basta per ravvivare il rapporto, ma dal quale sai già che tornerai sempre perchè è con lui che vorresti costruire un futuro stabile, è con lui che vorresti mettere su una famiglia.
Forse è così che dev'essere.

Forse L'Amicizia è la più grande storia d'amore di una vita. 

giovedì 11 agosto 2011

"TI FARO' MALE PIU' DI UN COLPO DI PISTOLA, E' APPENA QUELLO CHE TI MERITI, CI PROVO GUSTO me ne accorgo ed allora non mi vergogno dei miei limiti e lividi [...] Ci provo gusto me ne accorgo ed allora NON MI SECCARE COI TUOI ALIBI. Durante questo tempo ho vomitato rancore, ho ricucito i pezzi, ricominciato a sperare. Avevi tutto quanto, anche il mio sogno migliore, HAI PRESO CIO' CHE SERVE, SENZA RITEGNO NE' ONORE."


                                                                                                                        [Subsonica - Colpo di pistola]

lunedì 8 agosto 2011

Nuda
Derisa
e
Umiliata.

Ancora una volta.

Sembra che il mio destino sia quello di far gonfiare l'ego di persone a cui non sbatte mai un cazzo di me, ovviamente. A quanto pare ho proprio un talento innato nell'andarmele a cercare. Mi chiedo se riuscirò mai ad incontrare un Uomo degno di essere definito come tale e confesso di non avere prospettive ottimistiche.

venerdì 5 agosto 2011

Oramai questo blog è diventato l'ombra di se stesso, me ne sto rendendo conto. Lontano dai vecchi fasti, dai vecchi amici, dai vecchi ospiti e viandanti occasionali, come un castello abbandonato che una volta doveva essere stato bellissimo e splendente sotto le luci di cristallo di imponenti lampadari, abbaracciato dai riflessi d'argento di grandi specchi barocchi. Tutto svanito. Al loro posto ci sono solo grigiore e ragnatele. Umidità e pareti scrostate, a sottolineare che quello splendore, quelle frivolezze, quei sorrisi a poco prezzo sono solo l'eco lontana di un ricordo intrappolato chissà dove, che mi chiede disperatamente di farlo uscire.

Alle volte è necessario camminare tra le proprie rovine, perchè ci parlano di noi, ci ricordano cosa siamo stati, che un tempo siamo stati felici e spensierati. I ricordi ci nutrono, l'ho sempre pensato. E spesso, a quelli come me, viene fame di malinconia. Perciò credo che stanotte ne farò una scorpacciata.

Tutto è nato quando ho perso una persona, qualche mese fa. Una persona che per me è stata importante ma che poi si è rivelata essere solo un'idea nella mia testa, che non esisteva davvero nella realtà. L'impatto è stato fortissimo. Talmente tanto forte da farmi perdere la cognizione del tempo. Ancora adesso, è come se fluttuassi in una dimensione non ben definita e non saprei dire esattamente come io sia arrivata fino qui, come abbia speso i miei giorni fino ad oggi, cos'abbia fatto per occupare questo salto temporale. Il tempo era l'unica cosa che avevo e che mi sarebbe servita, per molte cose, e l'ho sprecato miseramente rimanendo immobile e passiva, ma non ho potuto fare altrimenti. Ho dovuto fermarmi. Niente era mai riuscito a buttarmi così giù, facendomi toccare il fondo come l'ho toccato stavolta. Nemmeno la fine con Lui. E non perchè io ci sia stata male come lo sia stata per Lui. Questa volta è stato diverso. Meno dolore ma più inconsapevolezza, più effetti postumi. Sono come stordita, drogata e questo mio stato di incoscienza mi si trascina addosso a mo' di strascico. Mi viene in mente l'immagine di una sposa, bianca, con il suo lungo velo che tocca la passerella di una Chiesa, ma io ora mi sento di tutto tranne che una vergine in festa. E' che sento che mi manca qualcosa. Sento che un pezzo di me si è definitivamente staccato e ha preso il volo per non tornare mai più. La mia ingenuità, la mia voglia di costruire, perdute per sempre. Avrei voluto che fosse un effetto passeggero ma temo non sia così. C'è un cratere che ha preso la tua forma qui dentro, e non vuole saperne di chiudersi per ora. Solo il tempo mi darà risposte.

E' che sai, nonostante tu mi abbia ingannata e ferita, disillusa e incattivita, ogni volta che dipingerò la malinconia con le mie parole, ci sarà sempre, maledettamente, un po' di quello che mi hai dato tu. Ci sarà sempre un po' di te, in me.

giovedì 21 luglio 2011

Stasera, rileggendomi, ho scoperto che tendo a reiterare gli stessi errori. E' inutile. Rimango e rimarrò sempre la solita ragazzina ingenua che mi ero ripromessa di non essere più. Credo purtroppo l'ingenuità, in qualsiasi forma essa si manifesti, sia costitutiva del mio modo di essere e così sarà sempre, inevitabilmente, senza via di scampo. Chè da se stessi non si può scappare.

E se un famoso detto recita che errare è umano ma perseverare è diabolico ed io risulto recidiva, allora, date queste premesse, ricavate voi la conclusione di questo sillogismo.

domenica 26 giugno 2011

Bianca


 


Sei il colore che non ho
e non catturerò

ma se ci fosse un metodo
vorrei che fosse il mio
fanne quel che vuoi, di noi 
me l'hai insegnato tu
se c'è una cosa che è immorale
è la banalità


lo sai
lo sai
che tu sei troppo bianca per restare
mano nella mano con te stessa
e non voglio certo che tu sia
la mia più bella cosa mai successa 


sei il colore che non ho
e che vorrei essere io 

ma se ti rende libera
ti regalo il mio

lo sai
lo sai
che tu sei troppo bianca per restare
mano nella mano con te stessa
e non voglio certo che tu sia
la mia più bella cosa mai successa 


tu sei troppo bianca per restare
mano nella mano con te stessa
e non voglio certo che tu sia
la mia più bella cosa mai successa

vedrai . . .



 


lunedì 13 giugno 2011

Credo che in queste ultime settimane l'unico momento della giornata in cui ho potuto sentirmi veramente viva sia stato il tramonto. Io amo il tramonto, specie quello sul mare. Ogni giorno che posso, da che arriva la primavera, mi piace trascorrere qualche minuto sulla mia veranda a guardare il sole che muore nel crepuscolo. Mi piace perchè l'odore dei fiori d'arancio della campagna adiacente mi investe così forte, e poi l'odore del mare, quel mare placido, così vicino eppure così irraggiungibile, che il vento di Maestrale porta con sè quando soffia, come per permettermi di sfiorarlo un po'. Mi piace perchè quell'arancio rosato che poi diventa violaceo e quella luce d'oro che sfiorano le cime degli alberi di fronte mi hanno sempre fatto pensare ad un posto esotico, all'Africa per esempio. Mi piace perchè lo stridio lontano delle rondini mi fa pensare alla speranza, credo. E quei soffici batuffoli di nuvole sbuffanti che si tingono col cielo, come se qualcuno ci avesse versato sopra un barattolo di vernice. E poi tutto tace, tranne il vento, spesso. Ecco, quei pochi minuti sono l'unico momento in cui penso che in fondo i miei problemi, i miei dolori, i miei dispiaceri, i miei affanni non siano niente in confronto alla grandezza della vita. Che io sia così stupidamente immatura e mediocre a preoccuparmene. Che tutto va avanti, nonostante tutto. E che per capirlo mi piacerebbe ogni tanto avvicinarmi a quelle nuvole sporche e tingermi le dita.  

domenica 29 maggio 2011


"L'anoressia è un termine che ci conduce fuori strada, nel senso che non conosco una persona più affamata e più bisognosa della persona anoressica. La grande forza di queste persone è di rifiutare ciò di cui hanno bisogno: il cibo è una delle tante cose che respingono; queste persone rifiutano di desiderare e la loro forza è una forza che loro costruiscono poco per volta, momento per momento."

 


Credo che questa sia la migliore definizione di anoressia che io abbia mai letto, seppure non abbia nulla di scientifico, nulla a che fare con dei criteri diagnostici o delle classificazioni. E mi ha colpita come un fulmine a ciel sereno. "Il cibo è una delle tante cose che respingono". Non esiste verità più vera su un'anoressica. Perchè un'anoressica vera si priva di tutto, il rifiuto del cibo è solo ciò che si può vedere in superficie, la punta dell'iceberg. Leggendo quella definizione, in un attimo ho collegato tutto della mia vita. E' come se mi fossi elevata sopra di me e fossi finalmente riuscita a vedermi dall'alto, per intero, e avessi collegato quei pezzi che mi mancavano. In un istante, grazie a quelle parole, sono riuscita a capire la vera natura dei miei meccanismi. Anoressiche si è dentro, prima ancora che fuori, e io ho capito che in fondo non ho mai smesso di esserlo, perchè l'anoressia è il modo in cui ho sempre affrontato e continuo ad affrontare la mia esistenza. Prima con il cibo, poi con gli affetti, sacrificando da sempre con lo studio quella vita vera che non ho mai vissuto. Non so perchè ma è sempre stato un modo per punirmi, non chiedetemi per quale colpa. Per disciplinarmi, per esercitarmi a controllare ogni minima parte di me. Ma per cosa poi? Adesso me lo chiedo. Per cosa cerco di privarmi sempre di tutto? A che cosa mi ha giovato reprimere o allontanare la fame prima, i sentimenti dopo? Perchè ho sempre cercato di negarmi, per poi ricevere solo il nulla? Non so rispondermi. Sul serio non so per quale motivo io abbia sempre fatto tutto questo a me stessa. Probabilmente perchè non mi amo o non mi rispetto abbastanza. Ho capito che anche con lui è andata così. Stavo bene e poi ad un certo punto ho deciso di privarmene, forse perchè era troppo o perchè non ne ero abituata? Non lo so. Rifiutavo persino l'idea di amarlo, nonostante il mio dolore. Avevo deciso di respingere qualcosa che mi dava vita, nonostante sapessi che mi stavo facendo del male, ed è esattamente la stessa cosa che sto facendo adesso. Ho imparato a rifiutare l'amore, nonostante io ne abbia sempre avuto così tanta fame, nonostante io ne abbia ancora. Si, ho fame, ho una fame disperata d'amore, dannazione. Adesso l'ho detto. So già che me ne pentirò tra qualche secondo. Non è facile ammettere di aver bisogno di qualcosa o di qualcuno, è così profondamente umiliante. Forse è per questo che ho sempre finto di non averne. E ditemi voi cos'è questa se non anoressia. Non fatevi ingannare. L'anoressia non è solo una malattia del corpo, è un modo di essere, è la malattia di chi non ha il coraggio di chiedere ciò di cui ha bisogno, chè preferirebbe morire piuttosto. L'anoressia è una malattia dell'anima.

venerdì 20 maggio 2011

Oggi, studiando psicologia clinica dello sviluppo, mi sono imbattuta nelle sidromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico, che tradotto in italiano sta per autismo e le sue varie forme. Tra gli innumerevoli sintomi che questi bambini presentano ce ne sono due che mi hanno colpita particolarmente: il rifiuto di incrociare lo sguardo altrui e la mancata comparsa del sorriso, che in generale, denotano isolamento e chiusura verso il mondo esterno. In realtà erano sintomi che conoscevo già bene. Quando avevo più o meno 15 o 16 anni e partecipavo al progetto di clownterapia del mio liceo (ero al mio secondo anno ma era la prima volta che facevo pratica) ci fecero operare per qualche mese in un centro diurno per bambini autistici. Credo fosse a Sammichele o una cosa del genere. Ricordo che quando misi piede in quell'edificio ero quasi terrorizzata, perchè oltre ad essere la primissima volta che operavo sul campo e ad avere una paura matta di non sapere cosa fare, nonostante con noi ci fossero i grandi, non avevo mai avuto a che fare prima d'allora con un bambino autistico. Una delle prime cose che ci vennero dette fu che questi bambini non guardavano mai nessuno negli occhi e che proprio per questo motivo dovevamo fare di tutto per inchiodare il loro sguardo al nostro, richiamando continuamente la loro attenzione. Cercai il più possibile di fare mia quell'indicazione e di metterla in pratica quante più volte potessi. Lavoravo sempre con un bambino, sempre lo stesso, di cui non ricordo il nome ma a grandi linee i tratti: aveva la pelle chiarissima, capelli castano scuro e due occhioni tristi. Non ricordo precisamente il loro colore, forse erano di un verde scuro, ma ricordo bene che erano molto grandi e assenti. Però io cercavo, e riuscivo a vedere qualcosa in quegli occhi che pure non mi sfioravano quasi mai, come un'eco lontana di una richiesta d'aiuto. Forse ero io che volevo vedercela, forse quegli occhi erano davvero spenti ma erano talmente belli che mi sembrava un crimine che fossero costretti a rimanere muti per tutta la vita. Inizialmente non sapevo che fare. Ero imbarazzata e non riuscivo a pensare ad altro che non fosse il mio solito modo di fare con i bambini e cioè offrire loro un approccio fisico. In genere mi viene più naturale mostrare il mio affetto con un gesto, una carezza, un bacio o un abbraccio piuttosto che con le parole, ancora di più se si tratta di un bambino. Poi piano piano cominciai a sbloccarmi e a giocare più liberamente con lui con qualsiasi cosa mi capitasse sotto mano. Ricordo che le nostre interazioni miglioravano progressivamente ad ogni seduta e con tanto impegno e pazienza alla fine riuscimmo a farli giocare tutti insieme, cosa che per un autistico è davvero molto faticosa da sopportare in genere (figurarsi per più autistici fra loro). Mi ero affezionata a quel ragazzino, tanto che i suoi progressi erano diventati anche i miei, ed ero fiera e felice di essere riuscita a fare qualcosa per alleviare quella solitudine, seppure voluta. Oggi tutto questo mi è ritornato alla mente leggendo delle prospettive di vita di questi soggetti. Destinati ad una perenne dipendenza, che sia dai loro genitori, insegnanti o tutori, ad una impossibilità di inserirsi come tutti gli altri in un ambiente lavorativo una volta diventati adulti, di avere una normale vita affettiva che anzi loro ripudiano a tutti i costi. E' così triste. E' triste pensare che un bambino sia segnato sin dalla nascita dall'incapacità di sorridere. Il sorriso è la forma di comunicazione più semplice, economica e pure forse la più eloquente di cui un essere umano dispone. Permette di stabilire empatia fra le persone, le sintonizza sulle stesse frequenze. E loro non possono farlo. Così mi è tornato alla mente quel bambino, di cui stranamente l'unica cosa che mi ricordo meglio sono proprio gli occhi, che alla fine, sono riusciti a sorridermi, anche solo per qualche istante.

mercoledì 4 maggio 2011

Mi hai appena chiamata per decidere cosa farne della tua vita. Tra meno di ventiquatt'ore dovrai prendere una decisione importante per il tuo futuro e hai chiamato proprio me. Non posso che esserne lusingata, come al solito, perchè in fondo sei quella che posso definire la mia migliore amica, quella che mi sa (e mi vuole) capire più di tutti e che nonostante sia per certi aspetti così diversa da me mi vuole bene per quella che sono, che nonostante non ci possiamo vedere ormai che per qualche manciata di volte al mese per via del suo nuovo lavoro sento vicina come se fosse sempre qui. Devi scegliere se proseguire con la tua passione, che poi è anche la mia, oppure se aggrapparti ad un posto sicuro, per la paura di non farcela ad arrivare dove vorresti con i tuoi mezzi. Non avrei mai voluto che ti trovassi in una condizione simile, so quanto sia dura per te, che ti stai facendo da sola, con le tue mani, piano piano, ed io ti ammiro proprio per questo. Nelle mie condizioni la mia risposta sarebbe scontata e siccome mi conosci, conoscevi anche quella. La mia risposta sarebbe stata "No, mi tengo il part time e con quello pure il mio sogno nel cassetto". Ma non posso biasimarti se invece per te non è così. Lo so che è una proposta allettante. Il mio primo istinto è stato quello di dirti di non buttare tutto nel cesso, ma poi mi sono messa nei tuoi panni e non ho voluto influenzarti. Ho cercato di soppesare i pro e i contro, per darti una mano a trovare la ricetta giusta. E sono arrivata alla conclusione che con un po' di sacrificio, potresti ottenere entrambe le cose, che so che saresti perfettamente in grado di farcela. Ho solo paura che strada facendo tu ti perda, che perda di vista quell'obiettivo che tanto sognavamo insieme. Mi manca non camminarti più a fianco da che hai deciso che per il tuo futuro, quel futuro migliore che desidero ardentemente anche io, avresti dovuto mettere da parte tutto ciò che potevi, perchè non hai avuto la mia stessa fortuna. Mi manchi, perchè sei una delle persone più leali che abbia mai conosciuto in vita mia e che vorrei ci fossero sempre accanto a me, perchè persone come te non capita di incontrarle tutti i giorni o di sceglierle in offerta speciale al supermercato. Vorrei solo che tu sapessi che spero e ti auguro che tu realizzi il tuo sogno, che non vorrei che lo abbandonassi, perchè ti meriti il meglio e perchè sarebbe come se lo avessi abbandonato un po' anch'io.

mercoledì 27 aprile 2011

In fondo, so sempre come farmi male quando voglio. Tutti rifuggono il dolore, io lo ricalco con l'evidenziatore. Sono inguaribile.

domenica 17 aprile 2011


Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.

Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l'un l'altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perchè insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.

 


(P. Neruda)



 


Ecco, questo dovrebbe essere amare. Proprio questo.

giovedì 14 aprile 2011

Credo che questa staticità forzata finirà per farmi impazzire. Sempre che io non lo sia già impazzita. L'incapacità di cadere da un lato o dall'altro della lama. Man mano che ci cammino su, i tagli sotto le piante dei miei piedi bruciano, ma mi spaventa ancora di più il vuoto, laggiù. Potrei non avere la forza necessaria per reggere l'urto e arrivare sul fondo (semmai ci fosse un fondo), la probabilità sarebbe alta. E allora che farei? Potrei perdere tutto. E perderò di sicuro. Sia che scelga di precipitare a destra, sia che scelga la sinistra, sono inevitabilmente destinata a perdere qualcosa. Il punto è: per cos'è che vale la pena di rinunciare ad una parte di me?

martedì 5 aprile 2011

Dunque, Padova è bella, decisamente. Non mi va di scrivere molto sulla città perchè l'avrò raccontata così tante volte che mi è venuto a noia parlarne e dire sempre le stesse cose a tutti. Vi basta sapere che mi è piaciuta e l'ho trovata raccolta, accogliente, non totalmente sconosciuta. Ecco, quella sensazione lì. Più che altro mi è sembrata come uno di quei souvenirs sotto una palla di vetro con la neve. Il paradosso è che proprio questo mi ha fatto paura. L'idea di potermi seriamente affezionare ad un'altra città diversa da Bari mi ha spaventata. Quando mi sono affacciata per la prima volta dalla finestra di quel B&B, ho visto i tetti rossi di tutti quei casolari gialli e mi sono piaciuti, l'idea del mio trasferimento tra qualche mese mi ha colpito in faccia come un sonoro schiaffo ed è stato un po' come ricevere una secchiata d'acqua gelida e svegliarsi di soprassalto. Ho sfiorato il pensiero concreto di stare lontana da casa mia per mesi e mesi, per anni, chissà quanti, di non poter più andare a guardare il mare tutte le volte che sarò triste o semplicemente ne avrò voglia, di non poter passare tutto il tempo che vorrei con i miei amici, di perderne qualcuno, di non poter più ricevere gli abbracci e le carezze di mio padre quando mi sentirò sola o l'ansia per un esame mi assalirà, di non poter vedere mio fratello diventare un uomo giorno per giorno e di non poter più cercare di essere sua amica. Di crescere. Lo so che tutto questo è tremendamente infantile e io ho scelto, mi sono imposta di mettermi alla prova, perchè voglio finalmente capire se valgo davvero quanto gli altri dicono di stimarmi o se sono solo brava a parlare e a fare la studentessa modello con mia madre che mi fa trovare la cena pronta e mi tiene i vestiti puliti. Cosa buona e giusta. Sono stata io a decidere che a ventidue anni forse sarebbe stato il caso di imparare a cavarmela da sola. Niente e nessuno me l'ha imposto. Mi chiedo cosa avrei fatto se, come tanti altri, fossi stata costretta ad andar via di casa a diciannove anni per inseguire un sogno nel cassetto. Probabilmente avrei pescato il coraggio che non ho voluto pescare da qualche parte tre anni fa e sarei sopravvissuta come tutti, o almeno ci avrei provato. Forse sarebbe stato meglio o forse invece ora sono più consapevole di quello che sto per fare. Ciò non toglie che lo farò comunque. Perchè oramai ho deciso e non posso tornare indietro, non posso voltarmi, tanto l'avrei dovuto fare prima o poi. Lo faccio adesso per il mio futuro, lo faccio adesso per me stessa anche se paradossalmente, adesso, dovrò soffrire. Però, almeno per stasera fatemi tornare bambina, lasciatemi perdere in quel mare azzurro che tanto amo, lasciatemi sognare il sole che bacia gli ulivi e il terreno rossastro di questa terra antica, la mia terra, lasciatemi vedere i miei nonni e i miei genitori invecchiare sereni, i miei cuginetti crescere, lasciatemi sciogliere la cera della maschera che porto con le mie lacrime e non ridete di me.

martedì 29 marzo 2011

Quando si comincia a leggere un libro, il più delle volte, si ha la sensazione di riconoscere o di scoprire qualcosa di se stessi. Quando lo si finisce infatti, spesso ci si sente vuoti, come se quel qualcosa che avevamo trovato lo stessimo lasciando per sempre rinchiuso lì, come se fosse parte dell'anima del libro e dovessimo rinunciarci. Però spesso ci dimentichiamo che anche noi rubiamo qualcosa a loro, ai libri, e la facciamo nostra, la assorbiamo. E' uno scambio. Potrebbe sembrare assurdo, ma un libro è più vivo di quanto ci immaginiamo e per me, in alcuni momenti, i libri sono stati amici più fidati di quelli in carne ed ossa. Un libro non può tradirti né abbandonarti, può solo nutrirti. Spesso mi è successo di vivere attraverso di essi e anzi di sopravvivere grazie a loro. Mi permettevano di crearmi un mondo mio e di fare tutto ciò che non riuscivo a fare nella realtà. I libri sono spesso stati un surrogato o una sorta di prolungamento della mia vita e in verità lo sono ancora. Per questo amo leggere, perchè la lettura mi ha dato tutte quelle chances di cui non ho potuto godere, mi ha fatto provare sensazioni mai provate, emozioni mai vissute, ha fatto viaggiare la mia mente in luoghi sconosciuti, mi ha cullata quando ne avevo bisogno. Leggere mi fa sentire al caldo. E' stata mia madre ad iniziarmi alla lettura. Quando ero piccola mi comprava storie di una nota collana per ragazzi. Ma in verità mia madre lo faceva soltanto come per adempiere ai suoi doveri di insegnante: leggere era altamente consigliato per stimolare fantasia e creatività. Lei per prima non è mai stata una lettrice. Con l'andare del tempo mi dicevo sempre più spesso che mi sembrava assurdo che proprio chi non aveva mai assaporato la dolcezza di un libro potesse dirmi che leggere fosse così importante. In fondo però non ci badavo più di tanto perchè farmi cattuare dai vortici delle parole mi piaceva. La passione per la lettura l'ho scoperta da sola, con l'andare del tempo e credo di averla ereditata da mio padre, che pure non è mai riuscito a leggere molto per via del suo lavoro pesante che l'ha sempre assorbito anche fino a 14 ore al giorno. Io e mio fratello siamo gli unici in casa a coltivarla, parola dopo parola, pagina dopo pagina e per me sarà così per sempre. Ci sono così tanti altri luoghi che mi stanno aspettando e tante altre vite ancora da vivere, di cui cibarmi. Un libro ti lascia sempre un segno, anche quando pensi che non sia così, anche quando non te ne accorgi oppure lo dimentichi.


"I libri sono specchi in cui troviamo solo ciò che abbiamo dentro di noi"

sabato 26 marzo 2011


"Tu dici così perchè non fai mai niente, perchè sei un'asociale di merda, sei proprio come tua madre!".


In rabbia veritas. E' questo quello che pensi di me. E' questo quello che in fondo tutti quelli che mi conoscono davvero pensano di me, che io sia una rampicoglioni, pesante, che non sa niente della vita perchè non è mai stata in grado di costruirsene una vera. Che sia (stata) totalmente incapace di avere una vita sociale degna di questa definizione, che sia un'inetta, completamente impedita, che la sola cosa che sa fare meglio è sprecare gli anni migliori su un libro di scuola o di università.

E la cosa che più mi fa male è che in fondo, forse, hanno ragione.

venerdì 25 marzo 2011

Ci sono momenti in cui ho l'impressione che oltre che essere una macchina da studio io sia un fallimento totale in tutto il resto. Spesso mi succede di non sentirmi all'altezza nel confronto con gli altri su qualsiasi altra cosa che non riguardi il comportamento umano. Insomma, mi sembra di essere nata solo per passare ore e ore sui libri, come una umile bestia da soma, l'ultima ruota del carro che fa i lavori più pesanti, meno dignitosi, quelli disprezzati da tutti, una bestia che non sia capace di utilizzare la propria intelligenza (?) per null'altro.

giovedì 17 marzo 2011

Alle volte ho la sensazione di non essere unica, ma che ce ne siano tante di me stesse là fuori, uguali a me, e mi chiedo cosa potrei avere io di speciale rispetto a tutte quelle altre. In verità, mi chiedo più che altro per cosa mi si potrebbe amare.

lunedì 14 marzo 2011

La solitudine dei numeri primi

I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci. In un corso del primo anno Mattia aveva studiato che tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi, quasi vicini, perchè fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l’11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l’uno all’altro. Tra i matematici è convinzione comune che per quanto si possa andare avanti, ve ne saranno sempre altri due, anche se nessuno può dire dove, finchè non li si scopre.

Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero. A lei non l’avava mai detto.



[Paolo Giordano - "La solitudine dei numeri primi"]

domenica 13 marzo 2011

Hellos and Goodbyes

Gente che ritorna senza invito, così, all'improvviso, che anche se penso ogni tanto non farò mai più entrare perchè sto meglio da che è andata via.

Gente che va via senza che io lo voglia, sbattendomi la porta in faccia e tanti saluti, caplestando anni di sorrisi e abbracci come se fossero foglie morte, senza importanza. Chissà che ne sarà di noi. Ma io non posso continuare a cercarti quando ciò che ricevo è solo veleno, senza alcun motivo. E tu non puoi venirmi a dire anche solo per scherzo che ti sei accorto solo ora di odiarmi, anche perchè non ci credo, e non puoi farlo con così tanta leggerezza, sapendo di colpirmi. Dov'è finito il ragazzo che eri? Che mi prendeva in giro ma che poi mi sollevava dalle ginocchia e mi stritolava, che mi raccontava di sè? Io non so se il tuo sia un gioco perverso per sfogarti di tutta la rabbia che hai dentro ma per me non è divertente. Perchè non mi hai più permesso di aiutarti? Perchè proprio io? Forse perchè sbaglio nei modi e sono troppo dura con te, forse non sono riuscita a capirti abbastanza e avrei dovuto avere più pazienza. Forse. Forse perchè ti sbatto in faccia quello che penso, forse perchè sai che lo faccio perchè ci tengo e mi vedi debole per questo, ma se così fosse saresti solo un vigliacco. Un vigliacco a cui però voglio ancora bene purtroppo.

Questa è proprio giornata.

sabato 5 marzo 2011

I will try to fix you

"Toc Toc" "Buonanotte"

"Buonanotte"
 ...

"Papà, mi fai le coccole?"

Ecco, questo è il momento. Sai che quando ti dico così, con quel tono, c'è qualcosa che non va. E allora sfoderi quel tuo sorriso bonario che la sa lunga, come per dirmi "E io lo sapevo", ti avvicini, mi abbracci con quell'amore che solo tu mi sai dare e tutto sparisce. La tua vicinanza mi tranquillizza e le tue carezze sedano quell'ansia che ormai è radicata in me da giorni. Mi prendi il viso tra le mani enormi e io mi ci nascondo dentro, come fosse un nido, uno schermo oltre il quale il mondo non può più raggiungermi e sono al caldo perchè tutto quello di cui ho bisogno è strofinare le mie guance contro i tuoi palmi chiudendo gli occhi. Sai già qual è il mio problema. E mi capisci bene perchè noi due siamo uguali papà. Stesse virtù e gran parte dei difetti. Specialmente il difetto di pretendere sempre troppo da noi stessi, che diventa un macigno a volte troppo pesante da portare. Stessa abnegazione, stessa dedizione per tutto ciò che facciamo. Ci mettiamo sempre l'anima e anche l'ultima goccia di sudore. Stasera, tra le tante cose per calmarmi, me ne hai detta una in particolare che merita di essere lasciata impressa da qualche parte dove la si possa ricordare facilmente. Magari non è nulla di particolarmente rilevante, è solo una banalissima similitudine, ma detta da te, in quel momento, ha preso in sè una carica che voglio fermare assolutamente. Forse perchè l'hai usata per legarci ancora più indissolubilmente se possibile, oppure perchè sei riuscito a cogliere ancora una volta la nostra natura con una semplicità, una fragilità eppure una forza disarmanti. Oppure per tutt'e due le cose. Mentre mi tenevi le mani mi hai detto:

"Io mi sento spesso come un falco, o come un'aquila. I falchi, le aquile, sono animali estremamente forti, con delle caratteristiche superiori alla media; voglio dire, per velocità, potenza... . Volano molto alto, molto più in alto degli altri. Ci sono delle volte in cui mi pesa volare alto, ma ci sono delle altre volte in cui lo sento, la sento la potenza, sono un falco cazzo! Non che per questo io mi senta migliore degli altri, è che io voglio fare bene, e così anche tu, vuoi fare bene. Anche tu sei un falco. Sei solo in un momento di stanchezza, ma vedrai che dopo riprenderai a volare più forte di prima. Sei forte."


Se non esistessi tu, io non avrei saputo come inventarti. Forse ti ho già detto, chissà quando, che ti voglio bene, in qualche abbraccio o bacio silenzioso, ma ora voglio dirti che tra tutti gli uomini che entreranno nella mia vita, tu sarai l'unico a poter rimanere per sempre e a poter essere rimasto da sempre.

Grazie papà .

martedì 1 marzo 2011





È stato un solco 
tracciato all’improvviso
senza certezze, 
senza prudenza 
nell’ annusarci 
d’istinto e di stupore, 
in un crescendo 
che ha dell’ irregolare. 
Forse l’attesa
ci ha visto troppo soli, 
forse nel mondo 
non sapevamo stare 
così distanti 
ad aspettarci ancora. 
Così prudenti, 
così distanti, 
così prudenti. 
Sei il suono, le parole 
di ogni certezza persa dentro il tuo odore. 
Siamo gli ostaggi di un amore 
che esplode ruvido 
di istinto e sudore. 
È stato un lampo 
esploso in un secondo 
a illuminarti in un riflesso, 
quando temevi 
tutta la luce intera, 
l’iridescenza
della tristezza. 
Probabilmente 
lasciandomi cadere 
a peso morto 
al tuo cospetto 
avrei sicuramente 
permesso la visuale 
sulle mie alienazioni, 
sui miei tormenti, 
sui miei frammenti. 
Ma voglio che tu 
tu piano piano scivoli dentro me, 
ma voglio che poi 
nell’insinuarti sia incantevole. 
Ma voglio che tu 
tu piano piano faccia strage di me 
in un incerto compromesso 
tra la mia anima e il suo riflesso. 
Sei il suono, le parole 
di ogni certezza persa dentro il tuo odore. 
Siamo gli ostaggi di un amore 
che esplode fragile 
di istinto e sudore. 
Quanti graffi da accarezzare 
per tutti i cieli che possiamo tracciare, 
tutte le reti del tuo odore 
dentro gli oceani che dobbiamo affrontare. 
Ma voglio che tu 
tu piano piano scivoli dentro me, 
ma voglio che tu 
nell’insinuarti sia incantevole. 


Ma voglio che tu
tu piano piano scivoli dentro me,
ma voglio che tu
nell’insinuarti tu sia incantevole. 




 


Certe cose non le puoi imparare. Le puoi solo riconoscere e basta. Come un bambino che cerca il seno di sua madre perchè ha fame, come un falco al suo primo volo, come una tartaruga appena nata che scompare negli abissi dell'oceano mangiata da quelle enormi onde. Nessuno ha detto loro cosa e come si fa ma loro lo sanno, lo sanno da sempre perchè glielo dice il loro istinto. Ecco, certe cose sono solo puro istinto, le riconosci dall'odore. Pur non avendole mai incontrate prima sai cosa sono, sai che ti appartengono da sempre e che stavano solo aspettando il momento giusto per trovarti.

venerdì 11 febbraio 2011

domenica 6 febbraio 2011

Forse, in realtà, non c'è nulla da capire.
C'è solo da vivere come viene.

Fosse facile.

venerdì 4 febbraio 2011

Io, onestamente, non so cosa mi stia accadendo in questo ultimo mese. Che poi, in realtà, non è solo in questo mese, è una cosa che va avanti in maniera conclamata da almeno sette di mesi, e sottopelle si può dire praticamente sin dall'inizio. Ma come avrei potuto immaginare di arrivare a questo punto? Non è mai successa una cosa del genere in tutta la mia vita.
Non so se sia un capriccio oppure se davvero dovrei seriamente cominciare a considerare la cosa da una nuova prospettiva.
Non so che pensare.
Il punto è che forse certe cose non le voglio capire. Perchè ho paura di me, di ferire, di scoprire, di raccontare.
Oppure è tutta una cosa campata in aria e io mi sto solo autosuggestionando.
Sono completamente bloccata, non so in che direzione muovermi, non so più chi sono, in che modo orientarmi, dove guardare. Più ci penso, più mi arrovello, e meno riesco a cavarne fuori qualcosa di buono. C'è nebbia e io non vedo niente.
E stavolta non c'è nessuno che possa aiutarmi all'infuori di me. Devo uscirne da sola da questa nube.
Stavolta è importante, troppo importante.
No so che fare.
Eppure sento, forse sento per la prima volta. E forse dovrei fidarmi del mio istinto, ma sono troppo riflessiva per poterlo fare.
Mi sembra quasi di impazzire.

giovedì 6 gennaio 2011

E' bastato un semplice gesto, per scoprire quanta tristezza ristagnasse dentro di me ultimamente.
E per scoprire quanto stessi faticando per nasconderlo a me stessa.
Fortuna che a volte anche a me capita di sentirmi una persona normale di tanto in tanto.
Quel poco che basta per farmi ritornare un po' più soddisfatta nella mia anormalità, con la vana illusione di aver capito il mondo solo per averlo sfiorato con la punta dei polpastrelli.

E' la mia maledizione e credo lo sarà sempre.

sabato 1 gennaio 2011

Questione di convenzioni

Ma sarà mica un crimine ignorare il Capodanno? Mio padre me lo ha appena fatto notare con non troppa discrezione per telefono poco fa, quando ha chiamato qui a casa nostra per farmi gli auguri pur essendo a meno di quinidci kilometri di distanza e pur dovendoci rivedere tra qualche ora, quando rientreranno dal mega cenone di famiglia a cui per inciso io non ho voluto partecipare, suscitando sgomento tra i miei parenti. Non che odi la mia famiglia o cosa. Niente di personale. E' che questa sera, questa notte, ho semplicemente deciso di restare sola. E' stata una decisione meditata ad inizio settimana, principalmente per avere la possibilità di portarmi avanti col mio lavoro di sbobinatura oltre che per il fatto che, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, i festeggiamenti coi miei amici non sono andati in porto (leggasi tra i vari motivi, anche opportunismo di alcuni) e che, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, non mi sono impegnata più di tanto per non far si che questo accadesse (leggasi tra i vari motivi, anche menefreghismo e coglioni stragonfi della sottoscritta). Per non parlare del fatto che l'unico invito ricevuto dal mio amico D. (il cui pensiero mi ha fatto molto piacere, tra l'altro) non poteva che essere rifiutato, causa programma (nottata in discoteca, che io mal sopporto) e compagnia (metà delle persone sarebbero state praticamente dei semisconosciuti, l'altra metà vantava un QI pari a quello di un bambino di scuola materna, sicchè, immaginatevi i discorsoni che avrei potuto intavolare con questi figuri). Questo è quanto. Non sono depressa o chissà che. Non ho particolarmente sofferto per questa serata a casa mia all'insegna della dispersione, dello pseudo-lavoro, di siparietti degni della più incallita fan di Bridget Jones con tanto di barattolone di nutella al seguito e vestaglia fucsia shocking. Non ho fatto il conto alla rovescia, per il primo anno. Non ho esultato alla mezzanotte. Non ho fatto gli auguri a nessuno, tranne a mio fratello e a quelli che hanno malauguratamente chiamato a casa mia e solo a Z. per messaggi. Non ho rivolto sorrisi festanti a nessuno, chè non mi andava nemmeno di farlo. Ed il bello è che tutto questo non riesce a non sembrarmi normale. Credo di avere davvero qualcosa che non vada dentro di me, seppure io non riesca ad accorgermene. Il nuovo anno è entrato così nella mia vita, scivolando come un serpente silenzioso e mordendo indolore. Ho tranquillamente continuato a trascrivere fedelmente l'intervista che stavo sbobinando. Ho ignorato persino il cellulare e gli spari mi infastidivano. Ho spento la televisione. In questa casa c'è silenzio adesso, come in una qualsiasi notte d'inverno. Nella mia mente c'è silenzio. Forse è proprio così che dovrebbe iniziare un nuovo anno, in religioso silenzio. Gli si dovrebbe rivolgere un saluto dignitoso, riverente, dolce. Ecco cosa sento: sento dolcezza in questo mio silenzio. La verità è che io oggi ho scelto di rimanere da sola e la verità ancora più vera è che questo mi piace. Non so dire bene il perchè, ma sono serena. Forse era soltanto arrivato nuovamente il momento di riaccartocciarmi su me stessa per saldare i miei pezzi, per tirare le mie somme e capire che finalmente sono arrivata in una condizione tale per cui non ho più bisogno di cercare niente ma accolgo più che piacevolmente tutto ciò che vorrà rifugiarsi tra le mie braccia. Mi sento superiore alla me stessa di un anno fa, ho una buona autonomia, posso nutrirmi da sola. Mi sento autorizzata a credere a giusta ragione che nel mio caso si possa parlare proprio di evoluzione.

E poi, al di là di tutto, se ci pensate bene oggi è davvero un giorno come un altro: il tempo è solo un'invenzione dell'uomo per non sentirsi troppo impotente di fronte all'immensità dell'esistenza.

In ogni caso, se proprio ci tenete, faccio la convenzionale: BUON ANNO NUOVO A TUTTI.