martedì 5 aprile 2011

Dunque, Padova è bella, decisamente. Non mi va di scrivere molto sulla città perchè l'avrò raccontata così tante volte che mi è venuto a noia parlarne e dire sempre le stesse cose a tutti. Vi basta sapere che mi è piaciuta e l'ho trovata raccolta, accogliente, non totalmente sconosciuta. Ecco, quella sensazione lì. Più che altro mi è sembrata come uno di quei souvenirs sotto una palla di vetro con la neve. Il paradosso è che proprio questo mi ha fatto paura. L'idea di potermi seriamente affezionare ad un'altra città diversa da Bari mi ha spaventata. Quando mi sono affacciata per la prima volta dalla finestra di quel B&B, ho visto i tetti rossi di tutti quei casolari gialli e mi sono piaciuti, l'idea del mio trasferimento tra qualche mese mi ha colpito in faccia come un sonoro schiaffo ed è stato un po' come ricevere una secchiata d'acqua gelida e svegliarsi di soprassalto. Ho sfiorato il pensiero concreto di stare lontana da casa mia per mesi e mesi, per anni, chissà quanti, di non poter più andare a guardare il mare tutte le volte che sarò triste o semplicemente ne avrò voglia, di non poter passare tutto il tempo che vorrei con i miei amici, di perderne qualcuno, di non poter più ricevere gli abbracci e le carezze di mio padre quando mi sentirò sola o l'ansia per un esame mi assalirà, di non poter vedere mio fratello diventare un uomo giorno per giorno e di non poter più cercare di essere sua amica. Di crescere. Lo so che tutto questo è tremendamente infantile e io ho scelto, mi sono imposta di mettermi alla prova, perchè voglio finalmente capire se valgo davvero quanto gli altri dicono di stimarmi o se sono solo brava a parlare e a fare la studentessa modello con mia madre che mi fa trovare la cena pronta e mi tiene i vestiti puliti. Cosa buona e giusta. Sono stata io a decidere che a ventidue anni forse sarebbe stato il caso di imparare a cavarmela da sola. Niente e nessuno me l'ha imposto. Mi chiedo cosa avrei fatto se, come tanti altri, fossi stata costretta ad andar via di casa a diciannove anni per inseguire un sogno nel cassetto. Probabilmente avrei pescato il coraggio che non ho voluto pescare da qualche parte tre anni fa e sarei sopravvissuta come tutti, o almeno ci avrei provato. Forse sarebbe stato meglio o forse invece ora sono più consapevole di quello che sto per fare. Ciò non toglie che lo farò comunque. Perchè oramai ho deciso e non posso tornare indietro, non posso voltarmi, tanto l'avrei dovuto fare prima o poi. Lo faccio adesso per il mio futuro, lo faccio adesso per me stessa anche se paradossalmente, adesso, dovrò soffrire. Però, almeno per stasera fatemi tornare bambina, lasciatemi perdere in quel mare azzurro che tanto amo, lasciatemi sognare il sole che bacia gli ulivi e il terreno rossastro di questa terra antica, la mia terra, lasciatemi vedere i miei nonni e i miei genitori invecchiare sereni, i miei cuginetti crescere, lasciatemi sciogliere la cera della maschera che porto con le mie lacrime e non ridete di me.

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