domenica 11 aprile 2010

Post senza senso

Avevo voglia di scrivere, non so precisamente cosa. Cioè si in realtà lo so ma mi sento un'idiota, allora scriverò cose senza senso in un post senza senso con una canzone senza senso sotto, così, per il gusto di vomitarvi addosso i miei pensieri senza una forma, senza un motivo, senza un colore preciso. Farò un miscuglio, senza aspettare di sbrogliare i miei nodi. A volte si può dipingere anche il caos, perchè il caos non è sempre un insieme indistinto di immagini, o meglio, il caos non è solo questo. Il caos è esso stesso un'immagine, con una sua dignità e con una sua forma informe, con un suo colore indefinito. Chi l'ha detto che le cose esistenti debbano essere per forza definite? Esiste anche l'indefinito, che noi vediamo solo quando si definisce, ma non è detto che prima che noi lo vediamo non esista. Quello che sto dicendo mi ricorda un po' la filosofia dei primi pensatori greci. Mi ha sempre affascinato l'immagine dell'Apeiron di Anassimandro. Questo caos indefinito, genitore di ogni cosa, la quale, definendosi, sanciva l'inizio della propria esistenza su questa Terra (e sottolineo, su questa Terra) e la consumava fino all'osso per poi ritornare, morendo, al caos generatore. Ma qualsiasi cosa, che fosse un pesce piuttosto che un essere umano o un filo d'erba, in quel caos esisteva comunque, in potenza, si, ma esisteva. E semplicemente perchè era il caos stesso ad esistere. Il caos era la garanzia che un giorno, quel potenziale filo d'erba sarebbe nato, avrebbe vissuto la sua esistenza da semplice filo d'erba e poi si sarebbe seccato o sarebbe stato mangiato da una capra, la quale, una volta morta, sarebbe ritornata al caos ed il filo con lei (sempre se la capra fosse morta di cause naturali, perché se la uccidevano per farsela al forno allora è tutto un altro discorso: la capra, col filo d'erba nello stomaco, sarebbe andata a finire a sua volta nello stomaco di un essere umano insieme alle patatine al forno e quindi capra e filo d'erba sarebbero ritornati al caos una volta crepato il tizio che se li era mangiati. Ma aspetta...e se il tizio in questione fosse stato ucciso? No, sarebbe stata la stessa cosa. E aspetta, aspetta...se fosse stato mangiato? Mangiato?!? Beh, si in effetti i cannibali esistono... . Vabè, la smetto che se no vado avanti all'infinito, tanto avete capito come funziona). Ok, è un esempio idiota ma era solo per rendere l'idea (credo). Non so nemmeno come sia arrivata a questo punto, a scrivere quello che sto scrivendo ora, ve lo giuro che non lo so perché, le mie intenzioni iniziali erano tutt'altro. Ma forse questo è il vero senso di questo post, seguire il flusso dei miei pensieri che per esempio ora mi dicono (mi assillano, per la verità) di sottolineare il fatto che per me il caos è vita, il caos è fecondo e che senza di esso non potrebbe esserci nulla di definito, nulla di ordinato. Un po' come diceva Eraclito, se non erro: se non esiste il Male come facciamo a capire cosa sia il Bene? Gli opposti sono necessari per la definizione di se stessi. Adesso però non mi ricordo più nemmeno dove volessi andare a parare con questo discorso, forse volevo solo dire che se il caos esiste allora dovrà pur avere un suo ruolo e che seppure esso possa sembrare un'accozzaglia senza senso è la fonte più preziosa cui un uomo possa attingere per partorire i più meravigliosi pensieri (no, adesso non me ne vado alla Maieutica socratica, state tranquilli). In tutto ciò, però, ora  continuo a pormi la stessa domanda che mi assilla da meno di un giorno (il nesso con quanto scritto trovatevelo voi, siate lettori partecipativi, non posso mica fare tutto io, no?): mi piace leggere (quando riesco ormai, anzi, sento di stare impoverendomi mentalmente in una maniera oscena) e scrivere ma non posso definirmi una scrittrice o una con le doti per criticare letteratura, affatto. Mi piace ascoltare la musica, non potrei farne a meno a causa della mia natura di sognatrice ad occhi aperti, ma non posso definirmi un'intenditrice, affatto, men che meno una musicista (5 anni di pianoforte studiato controvoglia non fanno certo di me una musicista, semmai una musicista fallita). Mi piace anche canticchiare, ho una voce non troppo sgradevole, sono intonata e ho un buon senso del ritmo, ma non oso nemmeno lontanamente definirmi una cantante (ci mancherebbe!). Ho delle vaghe reminiscenze dei pensieri di filosofi studiati al liceo, alcuni dei quali mi sono rimasti impressi più di altri solo perchè mi piacevano di più, ma non mi sento nemmeno minimamente in grado di poter discutere seriamente di filosofia, addirittura con un addetto ai lavori, poi! Non me ne intendo di arte, l'ho studiata malissimo al liceo avendo un caprone al posto di un professore. Non ho mai letto un manga e non me ne intendo di cultura orientale, né di fumetti in generale. Allora la domanda mi sorge spontanea:

ma io che razza di cosa sono?

E soprattutto:

che terreno comune di discussione posso coltivare con gli altri se so tutto e niente? Come faccio ad individuare le affinità? E possono esistere, per me, le affinità con qualcuno? Sulla base di cosa potrei essere apprezzata se sono così indefinita? Sento tutto così vacuo e fragile, traballante.

Domanda numero due:

ci si può fidare degli uomini a questo mondo?

Alla prossima.

Ho imparato a sognare,
che non ero bambino
che non ero neanche un' età
Quando un giorno di scuola
mi durava una vita
e il mio mondo finiva un po' là
Tra quel prete palloso
che ci dava da fare
e il pallone che andava
come fosse a motore
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già
Ho imparato a sognare
e ho iniziato a sperare
che chi c'ha da avere avrà
ho imparato a sognare
quando un sogno è un cannone,
che se sogni
ne ammazzi metà
Quando inizi a capire
che sei solo e in mutande
quando inizi a capire
che tutto è più grande
C' era chi era incapace a sognare
e chi sognava già

Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

Ho imparato a sognare,
quando inizi a scoprire
che ogni sogno
ti porta più in là
cavalcando aquiloni,
oltre muri e confini
ho imparato a sognare da là
Quando tutte le scuse,
per giocare son buone
quando tutta la vita
è una bella canzone
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già

Tra una botta che prendo
e una botta che dò
tra un amico che perdo
e un amico che avrò
che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò

C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò

 


Avrei voluto mettere il video della canzone, ma splider ha ulteriormentee cambiato le impostazioni ed è notorio che io e la tecnologia conviviamo a stento.

P.s. ho deciso di far dipingere la mia camera d'azzurro e d'arancio, a pareti alterne. Casa mia sembra un cantiere e soprattutto, da oggi dormo con mio fratello in salotto, sembriamo dei prufughi con i letti davanti ai divani: per la prima volta in 16 anni dormiremo nella stessa stanza (cazzo, sedici anni se-di-ci).


10 commenti:

  1. Nessuna esperienza è da considerarsi fallimento, anche se lo è stata in senso pratico, per il solo fatto che l'hai sperimentata dovresti esserne contenta.

    Non c'è bisogno di sforzarsi... sai? un mio professore una volta disse: "è anche con la più banale delle discussioni che l'individuo trasmette e moltiplica il proprio sapere".

    tranquilla che di terreni di discussione ne trovi quanti ne vuoi... su questo non ci piove.

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  2. l'ho letto ieri alle 2 passate, e non capendoci nulla, l'avvocato del diavolo che alberga nel mio "es" (l'istanza pichica più forte in me, checché ne dica freud e tutti gli altri) ha espresso la sua arringa difensiva in questi termini: cazzone, sei stanco, hai sonno, fame, sete, un po' brillo, ancora sonno, fame, sete, ancora sonno, che cazzo vuoi capire? rileggi domani.

    Ed ecco domani, o oggi, o ieri per me che leggerò domani insomma, ecco il presente che non esiste, se non come idea di un momento cangiante che passa, a scrivere molto perché non ho capito una cippa del tuo post grgrgr
    e l'avvocato del diavolo, a orari civili non è mai operativo, e non ho scuse pronte.

    allora: il tuo post mi ricorda una poesia scherzosa - mica tanto - di foscolo (o forse un altro, mi è venuto il dbbio) a un suo amico (e se fosse stato un nemico?) che diceva più o meno così:

    "giovanni (un nome a caso, non ricordo quello vero) tu che sei mezzo poeta, mezzo letterato, mezzo pittore, mezzo critico, mezzo [...] (un'altra dozzina di mezzo qualcosa di figo) come mai, in tutti questi mezzi, nn c'è un solo intero?"

    Ecco: non pensare a essere mezzo tutto. Pensa a essere un intero qualcosa. Fai quello che ti piace, se anche nn diventi ricca, almeno ci campi con dignità e felicità. E diventerai un intero qualcuno, che non mille mezzi di niente.

    e poi, ma è possibile che io, che non credo alla psicologia, alla psicanalisi e tutte 'ste storie, devo stare a convincerti e prevenire dei complessi di inferiorità?
    ho parlato con tanta gente, letterata, laureati, e persone con titoli altissimi, e mi sfracassavano le palle (perdona il francesismo, ma non riesco a trovare un sinonimo meno volgare) tanto sono noiosi, stupidi e ripetitivi, mentre con te, (e pochissima ltra gente in verità) mi diverto: e non nel senso latino del termine "di-vertere" quale "di-stogliere" allontanare da... bensì inteso come "imparare, crescere, maturare, ed essere felici".

    quindi basta cazzate grgr

    ps. non fidarti degli uomini, di nessuno. Mai. Sono tutti stronzi. Dopotutto, sono figli delle donne.
    pps. io non sono uomo, sono semplicemente dio :P

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  3. @Angelo: volevo scrivere una serie di stronzate in risposta, a cui in fondo non credo nemmeno io. In realtà l'unica cosa sentita che posso dirti è : grazie.

    @U.: 1) si, lo so che devo trovare il mio modo di essere intera, ma non riesco a decidermi, mi piacciono troppe cose ma poi va a finire che non riesco a coltivarle tutte.
    2) grazie, ma a volte vorrei sentirmi anche io pienamente soddisfatta di quello che dico o che penso, resta il fatto che sento il bisogno di affinarmi.

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  4. figurati, per così poco ;)
    è sempre un piacere.

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  5. Ale, ciò che dici è verissimo, però dopo la spermentazione di vari ambiti dello scibile, a lungo andare ci si sente persi se ci si dedica al tutto e al niente, ci si sente persi nel vuoto di sè stessi. A me piacerebbe tanto conoscere tutto ma sono consapevole che sarebbe utopico e arrogante da parte mia, allora devo anche avere l'umiltà di ridimensionarmi, limitandoni a certi campi che sono di maggiore interesse per me e approfondirli nel corso della vita. Certo, lascerò sempre dello spazio per qualcosa di nuovo e atipico, se ci sarà: la cultura non si rifiuta mai :). Per quanto riguarda la comprensione, debbo darti ragione a metà: essa è deleteria solo in alcuni casi (come nel caso della comprensione logica di un sentimento, che nulla ha di razionale) ma in certi casi è fondamentali e la comprensione e la conoscenza di se stessi non può far altro che aiutare a comprendere gli altri e dunque a costuire delle relazioni più consapevoli e stabili, a mio parere.

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  6. C'era una volta un poeta...
    No, non è una favola, e non finisce con il "vissero felici e contenti".
    Dicevo, c'era un poeta, si chiama Arthur. Era un ragazzo vivace, giocava con le sorelle e faceva navigare il suo battello di carta sul fiume. Aveva un fuoco dentro: e un giorno decise di essere tutto. Scriveva versi in un modo che fino ad allora, non era mai stato scritto, inventando la poesia del 900, con le sinestesie, le sinergie che entravano in campi sensoriali diversi; inventò i versi liberi, il dramma, la libertà di scrivere; ribaltò il senso della parole.
    Nella suo voler essere tutto, esplorare ogni posibilità, provò anche l'omosessualità con un altro poeta, Paul.
    Ma era solo un'esperieza, un passaggio/cambiamento.
    Come lo era stata la poesia.
    Smise di essere un poeta, divenne un mercante d'armi.
    Gli tagliarono una gamba, e ritorno in patria, piangendo, invoncando la mamma, sognando quel battello di carta faceva andare nelle pozzanghere.
    Perché Arthur, Arthur Rimbaud, era doppio, dietro il suo gigionismo: io vivo, io faccio, io cambio la poesia, c'era un infantilismo. Il suo voler essere tutto, il suo essere il poeta degli eccessi, era contropposta a un paura di vivere.
    Cosa voglio dire?
    Semplice, io da ragazzino ho amato molto Rimaud come poeta. Per certi versi (leggilo nel suo doppio significato, come un gioco di paragrammi) io lo imitavo. Poi ho scoperto che il suo mito era fasullo.
    Non ha senso vedere negli altri quello che riluce, bisogna vedere tutto il quadro, anche lo scheletro posto al centro. Per cui, non focalizzarti sul voler far tutto, essere tutto, e bla bla bla. Fai solo quello che ti piace, e parla solo di quello che sai. Impara sempre, senza smettere, e, come diceva Socrate, il tuo unico sapere è quello di non sapere, ma questo non implica che tu non debba continuare a "non sapere" altre cose :)
    Del resto anche Giovvanni, Giovanni Paolo II si, proprio lui, una delle persone più colte e meritevoli di rispetto che conosco (e detto da me che non credo in dio e mi fa un po' schifo la chiesa, è un attestato di fede) diceva di essere la persona più ignorante, perché più sapeva, più si rendeva conto di non sapere, e più si dissetava di sapere.

    Beh, sono stato troppo logorroico.

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  7. @U. : forse il mio problema è proprio quello, vedo negli altri solo ciò che riluce, li idealizzo e vorrei possedere di ognuno un pezzetto per essere intera in tutti gli ambiti. A lungo andare mi sto accorgendo che sbaglio, che devo accontentarmi di essere me stessa.

    @Ale: non capisco ciò che tu voglia dire, non ho mai affermato, con ciò che ho detto, con le domande che mi sono posta, che la realtà sia inesistente. Mi sono sicuramente posta ad un livello superiore rispetto alle preoccupazioni quotidiane ma senza presceindere dalla reatà, non capisco da dove tu l'abbia evinto e che nesso tu abbia trovato, forse è un mio limite. Spiegati meglio...

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  8. Ciao! intendo dire che se le tue domande negano alcuni capisaldi delle relazioni interpersonali e del tuo funzionamento
    poi non puoi rispondere ad una mia osservazione con una argomentazione che riguarda lo stare nella realtà di cui denunci
    l'inconsistenza attraverso le tue domande.

    ma io che razza di cosa sono?

    E soprattutto:

    che terreno comune di discussione posso coltivare con gli altri se so tutto e niente? Come faccio ad individuare le affinità?
    E possono esistere, per me, le affinità con qualcuno? Sulla base di cosa potrei essere apprezzata se sono così indefinita?
    Sento tutto così vacuo e fragile, traballante.


    Domanda numero due:

    ci si può fidare degli uomini a questo mondo?


    Risposta:
    " la comprensione e la conoscenza di se stessi non può far altro che aiutare a comprendere gli altri e dunque a costuire
     delle relazioni più consapevoli e stabili, a mio parere"


    Sono due piani del discorso che non entrano in relazione. Spero di essermi spiegato. Buona Serata.

    Ale

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  9. io non nego nulla e continuo a non capire dove sia la negazione, io mi interrogo soltanto sul mio funzionamento e sulle mie future eventuali relazioni, non denuncio l'inesistenza della realtà e non mi hai detto nel dettaglio quali siano i pensieri che ti abbiano guidato verso questa interpretazione. Ad ogni modo, potrebbe essere che sia io a scrivere senza una cognizione di causa (d'altro canto questo è un post senza alcun senso) o ad essere intellettualmente limitata e non capire le tue osservazioni che vanno oltre me stessa. Se così dovesse essere mi scuso per aver dato risposte poco consone, ma evidentemente non sono all'altezza di affrontare un'argomentazione del genere con te. Forse lo sarò un po' più in là, forse mai, non lo so :D Buona serata anche a te.

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  10. ahhahahah....ritengo che sia una degna conclusione.

    Ale.

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