venerdì 2 marzo 2012

Polvere

Stasera, a fine serata, mi sono fermata a parlare in macchina con S. . Avevo percepito che qualcosa in lui non andava, al di là delle apparenze, delle sue parole e della sua caratteristica giovialità di facciata quando è in compagnia, perché ormai, dopo più di 8 anni, credo di conoscerlo almeno un po'. Il quadro che mi si è prospettato davanti una volta rimasti soli è stato per me a dir poco agghiacciante. Non l'avevo mai visto così demotivato, rassegnato e distruttivamente realista come oggi. Siamo sempre state due persone molto diverse sotto alcuni aspetti. Lui è sempre stato caratterizzato da un realismo che per me rasentava la rassegnazione alla vita, che la spogliava di qualsiasi sapore, colore, sfumatura. Io, invece, sono sempre stata un'idealista che forse, devo ammettere, rasentava (e rasenta ancora adesso) l'ingenuità. Ho sempre vissuto nel mio mondo utopico fatto di idee, progetti e buoni propositi che non avrei mai e poi mai potuto concepire diversi da come io li avessi immaginati.

Ecco, oggi mi sono sentita una completa stupida di fronte a lui e ai suoi discorsi spietati sulla vita, sul futuro, alla sua ondata di realismo pessimista, che mi ha travolta come uno schiaffo in pieno viso. Mi sono sentita soltanto una bambina ingenua che sogna nel suo mondo delle favole dal quale poi si sveglierà troppo tardi per essere preparata al mondo vero, che pensa continuamente che andrà tutto per il meglio ma a cui poi la vita farà le scarpe. Mi sono chiesta davvero cosa ne sarà di me, se davvero riuscirò a realizzare il mio sogno oppure se questi non saranno solo anni buttati al vento per un traguardo che non troverò mai perché nemmeno esiste, se i miei sacrifici di ora, ma soprattutto quelli che i miei genitori stanno facendo per me, per garantirmi un futuro migliore, varranno sul serio a qualcosa domani; mi sono chiesta come sarò a trent'anni e mi sono risposta che molto probabilmente sarò una "bambocciona" (come ha detto lui) che peserà ancora sulle spalle dei propri genitori perché il suo traballante percorso di studi non si sarà ancora concluso, senza la sicurezza che poi quegli anni di giovinezza sacrificati alla mia vocazione si concludano poi degnamente con un lavoro stabile e gratificante. Mi sono detta, forse per la prima volta, che molto probabilmente non potrò diventare madre prima dei 35 anni, o forse anche più; mi sono chiesta se riuscirò mai a trovare un uomo che abbia il coraggio e la pazienza di aspettarmi durante questo lungo cammino, di rimanermi comunque accanto, di comprendere il mio amore per ciò che studio e non mettermi di fronte ad un bivio, e mi sono vista sola, completamente votata al mio lavoro, con l'abnegazione e l'entusiasmo che so mettere in tutte le cose che mi piacciono ma priva del calore dell'amore di un altro essere umano, con il deserto intorno, come per una specie di maledizione. Oramai, sono sempre più convinta che la mia sia davvero una maledizione. La maledizione dell'istinto al sacrificio per le mie passioni, che però mi sono costate e mi costeranno sempre carissime. La maledizione della rinuncia ad una grossa fetta di me che possa darmi vita perché io possa dire che sia valsa la pena averla vissuta. Io credo che, in fondo, la mia vita non riuscirò mai a viverla davvero, che la mia tendenza a boicottarmi e a privarmi di tutto ciò che possa rendermi felice sia uno dei nuclei costitutivi del mio essere, che per questo motivo non potrò mai estirpare del tutto da me stessa.

In realtà, io so di non avere scelta. Di non avere scelta  nel decidere di sacrificare tutto per questa passione bruciante che sento per la psicologia, di annullarmi per realizzare unicamente quella parte di me rinunciando a molte altre cose che rendono umano un uomo. Non ho scelta, la mia strada è quella e devo percorrerla con la consapevolezza che, dietro di me, potrei anche lasciare solo nuvole vuote di polvere, e niente più.

2 commenti:

  1. ti butto alla rinfusa tutta una serie di ragionamenti che le tue parole mi hanno suscitato.

    1) quando ci si scontra con elementi fortemente distaccati dalla nostra realtà ( o dal modo in cui la viviamo), è importante tenerne MOLTO conto. Questo perché, in primis, aumentano lo spettro di conoscenze, ma sopratutto perché ti permettono di capire quanti ostacoli ci sono tra i rispettivi modi di comunicare. Le cose che dici a un elemento come S. possono essere completamente giuste e oggettivamente inoppugnabili, ma se le presenti nella forma che lui non può digerire, non faranno effetto. Però, vedi, questo è secondario. Io e te siamo piuttosto diversi sotto l'aspetto delle prospettive (sicuramente assomiglio più a S. che a te), eppure quando ci siamo conosciuti, e ho iniziato a suggerirti, a spronarti per quella faccenda, non è che ti abbia rivelato delle verità sconcertanti, ma ho trovato il modo per comunicarti qualcosa oltre al messaggio, un po' di conforto quando la paura ti bloccava, insomma una linea diretta per parlare con te "di te". Non è facilissimo per un razionalista spronare un'idealista a lasciarsi andare, eppure - in minima parte - ti ha aiutato. Quindi, ecco, S. sarà pure un realista pessimista, ma se lo osservi da vicino puoi imparare come far arrivare i tuoi contenuti usando il suo linguaggio. Ed è questo che farà la differenza nella tua professione, credimi. Postilla: sentirsi stupidi succede a chi sa di non aver argomenti per controbattere, ma vedi, non è questione di chi ha ragione oppure no. Si tratta ancora una volta di trovare le parole giuste che possano toccare le corde dell'altro. In questo caso del pessimista.

    2) tu hai un cuore grande come un palazzo. E non hai paura di ammetterlo. Sarebbe difficile per chiunque confrontarsi con così "tanto". Non trovare un uomo lo vedo più dettato da questo, che dalla vocazione alla psicologia.

    3) la scelta c'è sempre. Punto. Che tu lo voglia oppure no.

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    1. Credo tu abbia toccato esattamente il tasto giusto. Proprio mentre io ed il mio amico S. parlavamo, ho realizzato che inizialmente stavo applicando la mia prospettiva al suo modo di ragionare e per questo non riuscivo a comprenderlo. Poi, proprio grazie ad una sua osservazione, ho capito dove stavo sbagliando e mi sono "spostata", ho spostato il mio sguardo per cercare di comprendere le sue sensazioni e donargli così qualche parola di conforto, per quanto potessi fare. E infatti oggi riflettevo proprio su questo, su quanto alle volte la diversità di prospettive possa impedire una comunicazione efficace se non ci si accorge che il punto di vista di partenza è differente. Riflettevo anche sul fatto che, come hai detto tu, seppure la conversazione di ieri mi abbia fatto un po' male sino a farmi provare addirittura il desiderio di scappare da quella macchina, mi ha aiutata ad aprire gli occhi. Nonostante l'impatto molto forte, quella conversazione mi ha permesso di riflettere, di arricchirmi e soprattutto di essere più consapevole. Di questo, non posso che essere grata ad S. .

      2) In realtà, quando penso a me, spesso penso di non essere mai abbastanza, specie se si tratta di una persona che stimo e magari idealizzo. E poi, oggettivamente, quale uomo sarebbe così folle da aspettare fino a 40 anni o forse anche di più prima di avere un figlio solo per starmi accanto e aspettare che io riesca a trovare un posto fisso? Mi manderebbero tutti al diavolo.

      3) Forse hai ragione. Ma probabilmente sono io che non voglio vedere alternative.

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