giovedì 25 febbraio 2010

Si pettinava convulsamente la chioma liscia castano-dorata, riflettendo nello specchio d'acqua uno sguardo assente.

Nonostante fosse una fanciulla di una bellezza dolorosa aveva in sè qualcosa di inquietante, che si poteva percepire in quella pelle così innaturalmente nivea dalle sfumature quasi bluastre, come se le sue mani, le sue braccia, le sue gambe soffrissero un freddo eterno e le sue vene fossero da sempre state secche e deserte. Oppure nei suoi occhi azzurro-ghiaccio, pressocchè privi di pupilla. Andava in giro senza indossare calzari, costantemente a piedi nudi, e indossava sempre una sottana di lino bianca con lunghe maniche larghe e orli di pizzo che finivano per soffocare i suoi esili polsi in una morsa di nastri annodati. Camminava con la leggiadria di una dea, solitaria e malinconica, lasciando che i capelli sciolti si imprimessero dell'odore delle stagioni che il vento le portava in dono. Non aveva amici. Non ne aveva mai avuti. In ogni caso, non era mai rimasta in un posto tanto a lungo per poterne avere. Tutti la temevano, seppure non avesse mai fatto del male a nessuno. Non si nutriva mai, non ne sentiva il bisogno. Quando si coricava e provava a chiudere gli occhi, sui prati verdeggianti o sulla terra bruna, non si sentiva mai realmente stanca e vedeva solo un vuoto freddo una volta chiuse le palpebre. Nemmeno l'ombra di un sogno. Era silenziosa e riflessiva.

Un giorno, mentre errava in boschi ombrosi e fruscianti, si fermò in riva ad un lago. Si sedette al riparo di un grande salice circondandosi le ginocchia con le braccia sottili e rimase muta e pensierosa ad osservare la superficie nera come la pece. Perché pensava, la mia pelle è così dura e fredda? Perchè non sono in grado di provare alcuna sensazione? Era stranamente tormentata dalla propria diversità, che la faceva sentire unica e sola nel suo genere. In fondo, era un'infelice che girovagava solo per tentare di fuggire dal suo male, ma lei non lo sapeva.

All'improvviso, quel silenzio di meditazione celestiale fu interrotto da uno strano fruscio.

Cos'è stato?, si chiese curiosa, girandosi a guardare tra i cespugli, dietro di lei.

Ancora un altro e poi di nuovo. Sempre lo stesso rumore leggero, come di passi.

Continuava a rimanere immobile, nel silenzio più assoluto. Gli occhi fissi alle sue spalle. Dovrei forse scappare? La sua domanda non fece in tempo ad ottenere una risposta razionale che dalle fronde del salice sotto il quale si era accovacciata spuntò un giovane. Era alto e dinoccolato, indossava un abito di damascato con una fantasia tono su tono molto elaborata, tutto rigorosamente nero, come i suoi guanti di cuoio e la cinta che gli abbracciava la vita e che alloggiava il fodero di una spada dall'elsa argentea, impreziosita da un rubino. Aveva un viso affilato, pulito, di una bellezza angelica e straziante, incorniciato da ricci bruni e ribelli. Gli occhi grandi erano più profondi e più neri della superficie del lago e il colorito delicato della pelle veniva fatto ancor più risaltare dalla gote rosee e dalla bocca vermiglia e sensuale. Che creatura inquietantemente meravigliosa... osservò muta e affascinata la fanciulla. Il giovane sembrava sorpreso dalla presenza di qualcun altro, quasi come se pensasse di dover essere solo in quell'angolo sperduto e selvaggio di Mondo. Guardava la ragazza con occhi nuovi, come se non ne avesse mai vista una prima di allora. Si sentiva stranamente appagato dalla vista della grazia e della delicatezza di quel corpo immacolato. Aveva però notato la particolarità che contraddistingueva la fanciulla: quegli occhi così disperatamente vuoti, quell'inverno perenne che avvolgeva la sua anima. Lui lo sentiva. 



"Chi sei?" domandò la ragazza, con voce che non avrebbe potuto essere più pertinente con quel suo corpo di cristallo. L' Angelo Nero avanzò cautamente di qualche passo, si inginocchiò davanti a quella Madonna Bianca, le prese una manina e, delicato come la brezza primaverile che scuote i primi boccioli, l'avvicinò alla bocca, sfiorandola morbidamente. La sua pelle è così fredda... si sorprese toccandola. D'un tratto capì tutto. Schiuse gli occhi dopo essersi inebriato del profumo selvaggio di quella pelle liscia e marmorea, si rialzò in piedi e pronunciò queste parole "Io sono Dolore". Un po' perplessa, la fanciulla  rimase in silenzio per qualche secondo, osservando Dolore pervasa da una strana curiosità. Chi mai poteva essere quel giovane così misterioso e affascinante che portava un nome così inusuale? "Non ti ho mai visto vagare in questi luoghi. Non ti conosco". "Lo so" rispose lui, con una flemma baritonale che quasi ostentava saccenza. Ancor più incuriosita da quella strana sicurezza nel tono del giovane, domandò ancora "Da dove provieni, cavaliere?". "Provengo dalla Terra, provengo dall'Acqua, dall'Aria e ancora dagli stessi Uomini. Sono figlio e fratello del Mondo". Inevitabilmente confusa, quella dea perlacea regalò al giovane uno sguardo interrogativo, reclinando sensibilmente il capo all'indietro (ciocche d'aurora scendevano fluide dalle spalle) e sbattendo più velocemente le palpebre, come per mettere a fuoco un obiettivo poco chiaro. D'improvviso si trovò a sgranare gli occhi, in guardia. Io non ti conosco, non ti conosco..."  ripetè in una nenia terribile e meccanica. Il cristallo della sua voce si era crepato, deformato da un'ottava sopra il suo tono naturale. Perchè sto implorando? Io non so implorare... . "Vuoi conoscermi...?" soffiò l'Angelo ribelle accovacciandosi nuovamente al suo cospetto, a guardarla come un padre che rassicura la sua bambina. Le prese il viso tondo tra le mani, liquefacendo il ghiaccio dei suoi occhi con uno sguardo ardente. Attimi di nulla eterno. Si. Era esangue, come se si fosse finalmente liberata di un pesante fardello. Non scappò. Rimase immobile, serena. Continuando a guardarla negli occhi lui impugnò l'elsa della sua spada e la estrasse con un suono affilato e metallico. "Non avere paura" disse "Ti darò ciò che hai sempre cercato in questi boschi rumorosi in anni di peregrinazioni. Ti darò la vita". La fanciulla gli rivolse uno sguardo fermo, consapevole, e annuì. Fu un secondo. La spada le trafisse esattamente il centro del petto, proprio dove era custodito il cuore, quel cuore congelato ed inutile. Lui spinse in profondità fino a toccarlo con la punta della lama d'acciaio e frantumare la brina che lo circondava. Il dolore acuto di lei, tradotto in un grido gravido di sofferenza, lasciò subito spazio ad un calore che si spandeva piano in tutto il corpo. Che sensazione meravigliosa! Mai provata prima di allora! Sentiva una pulsazione energica pervaderla dal centro fino alle vie periferiche di quello che fino ad allora era stato per lei solo uno scrigno vuoto. Era eccitata, piena di speranza. Tremava. Era viva. Pochi istanti e la trama del lino candido si macchiò progressivamente di scarlatto. Il nettare vitale fuoriusciva copioso dal punto in cui il petto era stato ferito e a fiotti regolari inondava la veste, ancora avanzava a conquistare poi i pendii dei suoi palmi e delle sue caviglie. Anche il volto era stato raggiunto dagli schizzi, così come i capelli, impastati. Ansante, si era accasciata chiudedo gli occhi ma con il braccio libero l'Angelo bruno aveva afferrato quel dolce peso e lo teneva stretto. Estrasse la lama con un colpo secco. Il rubino che ornava l'elsa era scomparso. Lui sorrise sbuffando, infilò la mano tra i capelli umidi della ragazza e se la strinse forte al petto, cullandola e banciandole delicatamente la fronte. Lei si risvegliò sorseggiando il profumo intenso ed esotico di quel tessuto damascato misto ad odore di sangue, respirò forte e a lungo e poi si staccò dal petto del giovane per guardarlo negli occhi. "Rimani sempre con me" furono le prime parole che pronunciò in un lieve sussurro. Non abbandonarmi, te ne prego. Sei l'unica creatura al mondo che mi abbia mai fatto sentire esistente". "Sono venuto per restare, creatura meravigliosa. Ti accompagnerò lungo tutto il cammino della tua esistenza e mi sentirai". Mentre parlava le carezzò le guance e le labbra con la punta delle sue dita. Adesso il volto di quella fanciulla era di un colorito sano, naturale, florido. Gli occhi erano di un azzurro tenue, vitreo, ma stavolta al centro avevano preso il loro posto le due pupille nere. Era ancora più eterea. L'osservò a lungo, in silenzio. Poi la strinse in un abbraccio avvolgente, che sapeva di promessa eterna.

11 commenti:

  1. una chiave per ogni anima, una spada per ogni cristallo: le redini della vita consegnate alla sua volontà :)

    "The body is but a vessel for the soul, a puppet which bends to the soul's tyranny."

    RispondiElimina
  2. a dire il vero questo è un incontro casuale ma salvifico...è tutta un'allegoria...

    RispondiElimina
  3. e poichè casuale è un incontro ulteriormente intenso!

    RispondiElimina
  4. perché lei era fredda all'inizio?
    (perché non aveva la vita, ok, ma chi gliel'aveva rubata? oppure non l'aveva mai avuta?)

    e perché se era così bella non aveva amici?
    (oddio, conoscevo una persona che proprio a causa della sua bellezza ha sofferto da morire)

    ps. tu ti ostini a scrivere per i nani e giapponesi (stessa altezza e stessi occhi) ma io tanto copio incollo su word e modifico come piace a me :P

    RispondiElimina
  5. Ma uffa! Stavolta ho scritto più grande! Fingi di apprezzare lo sforzo almeno! (mi chiedevo: non è che sei astigmatico e non lo sapevi? hahahaa). Poi essendo io nanerottola per statura è chiaro che devo conformare il formato delle lettere al mio formato pocket ;)

    Comunque, passando alle cose serie:

    1) non l'aveva mai avuta, era nata proprio così, cioè era una cosa che faceva parte della sua stessa natura

    2) era bella ma faceva troppa paura perchè qualcuno le si avvicinasse, aveva una bellezza innaturale, diversa,  quindi era segnata a dito come potenzialmente pericolosa. E poi era piuttosto solitaria, il suo bisogno di calore umano non era eccessivo perchè non ne aveva mai conosciuto, anzi, il suo cruccio era proprio la causa di quella freddezza piuttosto che il dolore per la mancanza di compagnia

    RispondiElimina
  6. devo predispormi psicologicamente per leggere un post cosi lungo :)

    RispondiElimina
  7. sembra lungo ma in realtà è soltanto una questione di dimensioni del carattere :P e poichè ora l'ho finalmente ingrandito e non puoi più lamentarti non hai scuse, devi leggere! hahahahaha

    RispondiElimina
  8. guarda, sarà il mio pc, sarà che lui è dotato di vita propria, ma davvero non vedo nessun ingrandimento di caratte.

    ora la "vedo" meglio questa storia. bella.

    RispondiElimina
  9. Ti ringrazio, mi fa piacere che l'apprezzi.

    RispondiElimina
  10. ne ha di fantasia la ragazza eh? :)

    RispondiElimina
  11. eh, Diablito, tutto quello che non ho ricevuto in altezza ma l'hanno dato in fantasia...almeno... . Grazie, comunque :)

    RispondiElimina